Xi cerca di sfilare
l’Asia a Trump

Dazi reciproci, Donald Trump e Xi Jinping

Donald Trump e Xi Jinping

Xi Jinping blandisce i paesi occidentali impauriti dai «dazi reciproci» di Trump. Il presidente cinese tenta di sfilare agli Usa gli alleati in Estremo Oriente e in Europa. Contemporaneamente il presidente degli Stati Uniti attenua i toni trionfalistici sulla rivoluzione dei «dazi reciproci» inflitta a tutti i paesi del mondo: vanno da un minimo del 10% a un massimo del 54% contro Pechino.

Donald Trump non rilancia la promessa di una nuova «età dell’oro» per l’America perché il clima è difficilissimo. In tutte le città degli Usa i cittadini scendono in piazza e protestano contro il successore di Joe Biden. L’inquilino della Casa Bianca fa un appello ai sacrifici: «Vinceremo. Resistete, non sarà facile ma il risultato sarà storico». Prima l’annuncio e poi il lungo elenco del 2 aprile dei «dazi reciproci» fa molto male in primo luogo all’America: sprofonda Wall Street e il dollaro, s’impenna l’inflazione specie degli alimentari (il super rincaro delle uova solleva rivolte), bruciano i risparmi, cala la fiducia dei cittadini verso il presidente protezionista e populista.

Elon Musk e Donald Trump

Usa toni più morbidi anche l’incendiario Elon Musk. Si rivolge soprattutto all’Unione Europea, tradizionale alleata degli Usa, colpita con tariffe del 20% sulle sue esportazioni e del 25% su quelle delle auto. Il braccio destro di Trump spera «di realizzare una partnership molto stretta» con Bruxelles. Spera addirittura «in una situazione di zero dazi nel futuro». L’uomo più ricco del mondo, braccio destro di Trump (indicato però in uscita dal governo), ha perso una valanga di miliardi nel crollo azionario di Wall Street e sembra essere visto come un temibile contropotere da parte del presidente repubblicano. Di qui, forse, anche i toni più dialoganti sui dazi mentre restano incendiari sull’immigrazione di massa: «Con il terrorismo alla fine vedremo uccisioni di massa in Europa».

I «dazi reciproci» sono decisi dalla Casa Bianca con un parametro complesso basato sul deficit commerciale degli Usa: più è alto più le tariffe volano. Pechino, colpita da tariffe del 54%, decide contromisure della stessa pesantezza verso le importazioni da Washington. Ma Trump ha la mano pesante anche verso i suoi alleati dell’Estremo Oriente: tasse del 32% a Taiwan, del 26% alla Corea del Sud, del 24% al Giappone. Arriva addirittura dal 46% con il Vietnam (paese antagonista della Cina con una fortissima produzione industriale) e al 27% all’India (in buoni rapporti con Washington).

Xi Jinping

Xi Jinping ne approfitta per cercare di staccare gli Usa dai suoi alleati in Estremo Oriente. Il ministero del Commercio del Dragone definisce «un atto di bullismo unilaterale» le tariffe decise da Trump e protesta al Wto (l’Organizzazione per il commercio mondiale). Organizza incontri con il Giappone e la Corea del Sud con l’obiettivo di stringere dei rapporti di collaborazione commerciale. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sottolinea «il grande potenziale» di relazioni commerciali con Tokio e Seul. Nota in modo allusivo: «I vicini accanto sono meglio dei parenti lontani».

Per ora, però, l’Estremo Oriente resiste alla sirena cinese. Si sono aperte delle trattative con gli Stati Uniti per cercare un accordo ed evitare la catastrofe dei «dazi reciproci». Il Vietnam, grande esportatore verso gli Usa, sarebbe pronto ad azzerare le proprie barriere tariffarie verso le importazioni dagli Usa.

Il corteggiamento della Repubblica Popolare Cinese, in maniera più riservata, pare sia cominciato anche verso l’Europa. Il dialogo parte dall’economia per arrivare alla politica. Il Portogallo spunta forti investimenti del Dragone nell’industria dell’auto elettrica. Un fondo d’investimento di Shanghai chiamato M31 Capital organizzerà una missione in Europa di una ventina di grandi conglomerati industriali cinesi, tutti soggetti da miliardi di dollari o di euro di fatturato. Sono previsti incontri a Monaco di Baviera, a Barcellona e a Stoccolma. Il percorso per eventuali investimenti potrebbe allargarsi anche all’Italia.

Bruxelles sceglie la via del negoziato con Trump. Ursula von der Leyen si dice pronta a varare dei controdazi ma la strada maestra per la presidente della commissione europea è di trattare. Va evitata ad ogni costo una guerra commerciale che causerebbe una gravissima recessione internazionale stile anni Trenta del 1900, quella dei fallimenti e della disoccupazione di massa.