Celebrato dalla maggioranza dei media italiani come un trionfo, l’incontro di Giorgia Meloni con Donald Trump è stato indubbiamente un successo d’immagine, ma per il momento non ha portato a nessun risultato concreto.

Giorgia Meloni e Donald Trump
La premier italiana è stata accolta nello Studio Ovale come una “amica”. Grande scambio di complimenti in apertura di conferenza stampa, quindi l’invito a Roma subito accolto dal capo della Casa Bianca, ma senza indicare una data approssimativa, e avanti di questo passo. Con il solito Donald show davanti alle telecamere che ha visto Trump sparare a zero contro il capo della Fed e accusare l’ex presidente democratico Biden di tutti gli attuali guai dell’America. Dal punto di vista della premier italiana, l’incontro si è comunque concluso bene. E non era scontato.
Ma da qui a titolare enfaticamente come ha fatto La Verità di Maurizio Belpietro: «Meloni eccezionale» e, subito dopo, «Successo globale» ce ne corre. Il faccia a faccia con Trump, presentato alla vigilia dalla stampa amica come la grande opportunità di «rafforzare il ruolo di ponte» assunto dall’Italia nelle «relazioni transatlantiche» si è concluso in realtà senza risultati concreti. Con Trump che non cambia idea sui dazi, conferma sostanzialmente la sua posizione sull’Ucraina e non dice né sì né no all’ipotesi di un incontro a Roma con i vertici della Commissione UE.
Tra l’altro, anche l’ambizioso progetto meloniano di proporsi come mediatrice per disinnescare la bomba dei dazi commerciali annunciati da Washington contro l’UE e al momento solo sospesi è stato accantonato durante il faccia a faccia nello Studio Ovale dove prudentemente la nostra premier ha evitato di parlarne.
Adesso molti media titolano sull’impegno preso con il presidente Usa di portare al 2 per cento del PIL le spese militari dell’Italia. Ma anche in questo caso non c’è nulla di concreto, visto il pesante aggravio (una decina di miliardi) che questo comporterebbe per il Bilancio dello Stato.

Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen
Allora vale la pena di raccontare quello che è successo in conferenza stampa, quando Meloni ha interrotto l’interprete che stava traducendo la sua risposta alla domanda di un giornalista per precisare in inglese: «Mi è stato chiesto se abbiamo deciso e io ho detto che l’Italia sta raggiungendo il 2 per cento, non abbiamo specificato le percentuali ma siamo consapevoli che la difesa è importante per il futuro».
Quindi meglio lasciar perdere i titoli enfatici tipo: “Missione compiuta”. E così pure tutta la narrazione della premier forte impegnata a trasformare miracolosamente l’Italia in un «attore decisivo nei rapporti internazionali dell’UE». Cosa tra l’altro impossibile, visto che decisioni come quelle sui dazi Usa contro le merci europee spettano alla Commissione di Bruxelles e non ai singoli Stati membri.
E quindi nella migliore delle ipotesi la premier italiana avrebbe parlato in via informale, perché trattative del genere spettano ai vertici UE. E infatti così è stato con la visita del Commissario europeo Maros Sefcovic che due giorni prima dell’arrivo di Giorgia Meloni era a Washington. Ma la proposta che ha presentato, questa sì a nome dell’Unione, sui dazi zero per i beni industriali, incluse le automobili, è stata respinta dagli Usa che hanno confermato le loro tariffe…