
Resti di fornaci romane lungo il Canale Emilia
La Via Emilia è una consolare anomala. Non partiva da Roma per diramarsi verso l’Italia e il nord Europa, come le altre strade. Ma fu costruita per collegare Rimini a Piacenza, attraversando la Pianura Padana costellata di paludi e boschi. Lungo la Via Emilia, connessa a Roma mediante la Via Flaminia, fiorirono città ricche ancora adesso (Bologna la grassa, Parma, Modena, Reggio Emilia) con teatri, anfiteatri, terme, templi, acquedotti, fognature. Ce ne parla Maria Luisa Berti.
Faenza, la Faventia romana, era chiamata così perché città amica di Roma, a cui fu sempre fedele. Sorse sulla via Emilia in concomitanza con la sua costruzione ed ebbe un notevole sviluppo dalla seconda metà del I secolo d.C. grazie alla sua posizione, tra la valle del Lamone e la consolare, e grazie alle sue attività agricole e industriali: ceramiche, laterizi e, come attestato da Plinio, tessuti di lino.

Resti dell’antica città romana di Claterna
La lavorazione della creta fa tuttora di Faenza una delle produttrici più note ed apprezzate di vasellame in maiolica, di pavimenti e di rivestimenti in ceramiche. Poche sono le informazioni sulla storia romana di Faventia. Fu probabilmente un punto di approvvigionamento militare vista la sua vicinanza con il porto di Ravenna.
Divenne teatro della battaglia dell’82 a.C. tra le truppe di Silla e quelle di Mario. La città ospitò alcuni funzionari di corte in epoca tardoromana. Pochi i ritrovamenti di età romana. Nell’attuale Piazza del Popolo c’era un Foro, di cui si sa poco viste le trasformazioni che nel tempo ne hanno cancellato le tracce. È rimasta una pavimentazione in grandi lastre di pietra sotto l’ex Albergo Corona, dietro l’attuale Palazzo del Podestà, dove nel sotterraneo fu ritrovato un ipocausto, cioè un impianto di riscaldamento sotto al pavimento, come si usava negli ambienti riscaldati delle terme romane.
A partire dal IV secolo l’area urbana ad oriente del Foro verso il fiume, prima poco edificata, assunse sempre maggiore importanza ed arrivò ad ospitare anche residenze lussuose, come dimostrano alcuni mosaici ritrovati prevalentemente nelle domus attorno al Foro. La città ebbe un periodo di decadenza dal II secolo ma si riprese verso l’VIII secolo e nel Medioevo.

Museo civico archeologico di Claterna a Ozzano Emilia
Forum Cornelii è il nome romano dell’odierna Imola. Il suo territorio era allora delimitato da due fiumi: ad Ovest dal Sillaro, oltre cui era la zona della città di Claterna, e ad Est dal Senio verso Faventia. Considerando tale posizione e l’organizzazione augustea del sistema postale, Forum Cornelii doveva essere una mansio per il ristoro di persone e di animali e una città fluviale. Nel 2002, infatti, è stata scoperta una strada che portava a un canale artificiale con una banchina di attracco per piccole imbarcazioni. Nelle vicinanze sono stati rinvenuti resti di attività produttive e commerciali. Il poeta Marco Valerio Marziale (87/88 d.C.) fu ospite di un ricco mecenate di Forum Cornelii e nel terzo libro degli “Epigrammata” racconta del suo viaggio lungo il fiume Santerno a bordo di una barca.
Il Foro romano sorgeva probabilmente dove ora è la Piazza della Libertà e nelle vicinanze dovevano esserci le terme e, in direzione di Bologna, sorgeva un grande anfiteatro. Il sottosuolo del centro storico conserva resti di strade romane, pavimentate con grandi basoli di roccia trachitica. Presso l’attuale ingresso della Pinacoteca, è stata recuperata parte del rivestimento a intonaco delle pareti di una domus, dipinto con motivi a colonnine, maschere teatrali, una capra, un puttino, un cesto ed elementi vegetali su fondo rosso.

Pietre miliari della Via Emilia
Soprattutto lungo la via Emilia c’erano le necropoli, dalle quali provengono testimonianze notevoli come la grande lapide marmorea di C. Antistius Pansa, o le lastre in pietra con fregi d’armi a rilievo da Villa Clelia, che ornavano monumenti funerari del tipo ‘a dado’, reperti attualmente visibili nella Rocca Sforzesca. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente Imola conobbe razzie e devastazioni finché fu completamente distrutta dai Goti e abbandonata dalla maggior parte degli abitanti. Si riprese con l’arrivo dei Bizantini che vi costruirono l’Abbazia di Santa Maria in Regola, di cui rimane solo il campanile.
Claterna sorse nel 183 a.C. ed era un semplice villaggio con funzione di tappa tra le colonie di Imola e Bologna, ad una distanza corrispondente ad una giornata di marcia delle legioni, come si può costatare in tanti altri centri sulla Via Emilia. Fu fondata alla confluenza di un’altra strada romana che attraversava l’Appennino, forse la via Flaminia Minor, proveniente da Arezzo. Divenne municipium nel I secolo a.C., come capoluogo di un territorio compreso fra i torrenti Idice e Sillaro. Durante la crisi del III secolo la città si impoverì e la popolazione diminuì, fino al definitivo abbandono poco dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. È una delle poche città romane scomparse in Emilia-Romagna, ma gli scavi l’hanno riportata alla luce. Ora vi sorge un’area archeologica tra le più grandi del nord.

Un tratto della Via Emilia
Gli scavi, iniziati alla fine dell’Ottocento, sono tuttora in funzione. Sono stati portati alla luce i resti del foro, le strade, una domus con mosaici policromi, le terme, il teatro, nonché tesori inestimabili in monete, gemme e altri reperti ora conservati al Museo di Claterna, presso il Palazzo della Cultura in Piazza Salvador Allende a Ozzano. Negli scavi aperti al pubblico sono visibili i pavimenti della domus dei mosaici, le strade lastricate e la ricostruzione di un’abitazione-officina artigiana, detta domus del fabbro. Il sito archeologico è aperto al pubblico.
Bologna la grassa, la rossa, la turrita è anche la città delle acque perché fiumi e canali ne hanno accompagnato la nascita, la crescita e lo sviluppo. Lungo le sponde del torrente Aposa, a valle, sono sorti i primi insediamenti preistorici, seguiti dai Villanoviani e dagli Etruschi. Fu poi occupata dai Galli Boi. Dopo la loro sconfitta ad opera di Publio Cornelio Scipione Nasica, il Senato deliberò il 30 dicembre del 189 a.C. di fondare nel luogo della città etrusca di Felsina la colonia di Bononia, forse in ricordo degli sconfitti o forse per la sua posizione favorevole (bona). Il tipico aspetto urbano ortogonale della città romana era organizzato su due assi principali: il cardine massimo (corrispondente alle attuali Via Val d’Aposa e Via Galliera) e il decumano massimo (ovvero Via Ugo Bassi e Via Rizzoli), con una fitta rete di strade minori ad essi parallele, circondate da una solida cinta difensiva.

L’acquedotto sotterraneo romano da Sasso Marconi a Bologna che convoglia l’acqua del torrente Setta
Con la costruzione della Via Emilia, la città divenne un importante nodo stradale. Furono allora costruiti un teatro, una basilica e un tempio. Con le guerre sociali divenne municipio con pieni diritti politici. Durante il periodo delle guerre civili in un’isoletta del fiume Reno nacque nel 43 a.C. il secondo triumvirato formato da Antonio, Lepido ed Ottaviano. Quest’ultimo promise grosse ricompense ai veterani che poi si insediarono nel territorio circostante. In età Augustea furono pavimentate le strade, furono costruite le fognature e un acquedotto, tuttora in funzione, che convogliava le acque dal torrente Setta nei pressi di Sasso Marconi e le portava, con una galleria di 18 Km e con un dislivello di circa venti metri, alle porte della città passando per Casalecchio di Reno. Nel letto del Setta è stata rinvenuta la pietra miliare LXXVIII dove è registrato l’intervento di ricostruzione della consolare da Rimini al fiume Trebbia, ricostruzione voluta da Augusto.
In questo periodo gli edifici pubblici e quelli privati più ricchi si arricchirono di marmi e mosaici, furono costruite le terme, un’arena e le prime fabbriche di tessuti. Le costruzioni erano in mattoni, selenite e soprattutto in legno per cui la città era facile preda di incendi. Il più grave avvenne nel 53 d.C. ma Nerone si preoccupò per la ricostruzione e fece ampliare il teatro. I cittadini per ringraziamento gli fecero costruire una statua, rinvenuta nel 1513 in via Carbonesi, dove sorgeva il teatro.

Il torrente Setta che alimenta l’acquedotto sotterraneo romano da Sasso Marconi a Bologna
Era probabilmente posta davanti ad uno degli ingressi. La scultura mancava della testa, probabilmente staccata dopo la damnatio memoriae di Nerone. Poi la città in epoca imperiale andò decadendo fin ad essere in parte distrutta con l’arrivo dei Goti per poi riprendere potere e ricchezza dopo l’anno Mille. Ora il centro storico ha un aspetto prevalentemente medioevale e rinascimentale, dell’abitato romano resta l’impianto ortogonale del castrum da cui si sono sviluppate a raggiera le strade medioevali.
Tratti delle antiche strade romane si possono ancora vedere nella piazza coperta della Salaborsa, insieme ai resti dell’antica basilica. Nei sotterranei di Palazzo Re Enzo c’è un altro tratto di strada romana, proveniente dai Colli Euganei, e sottostante i resti di una fognatura in mattoni, di età repubblicana. In quello che era il sottopassaggio è conservato un frammento di mosaico di età imperiale. Un tratto della via Emilia si trova nel sotterraneo del negozio di Palazzo Lupari, al n.11 di Strada Maggiore. Qui in una delle sale è esposto, appeso al muro, un elegante mosaico pavimentale a motivi floreali neri racchiusi entro cassettoni su fondo bianco, datato alla seconda metà del II sec. d.C. che ornava una ricca domus. Nelle sale del Museo della Storia di Bologna è conservata una parte del decumano massimo rinvenuto in via Rizzoli durante gli scavi del sottopassaggio.
Nel Basso Medioevo, la città fu di nuovo ricostruita sui ruderi dell’antica città romana, in gran parte distrutta e abbandonata con l’arrivo dei Barbari, e nella ricostruzione furono utilizzati anche i resti delle strutture precedenti. Ad esempio, i blocchi delle antiche mura di selenite furono poi utilizzati per costruire le basi delle torri, caratteristiche di Bologna.
Terzo articolo – Segue