
La Banca centrale portoghese
Le sanzioni dell’Unione europea contro Putin non hanno frenato gli investimenti russi in Portogallo. Anzi. La Banca centrale portoghese ha appena elaborato i dati sui capitali arrivati dall’estero nel triennio 2022-2024. Bene, è saltato fuori che dall’invasione dell’Ucraina fino a dicembre dell’anno scorso (ultimo dato disponibile), gli investimenti russi sono letteralmente esplosi. Con un aumento del 49 per cento.
Per spiegare questo incredibile boom, bisogna risalire alla legge sugli investimenti stranieri. Fu varata dal governo di Lisbona nel 2012, con la nascita dei cosiddetti “vistos gold”: permessi di soggiorno concessi a cittadini abbienti extracomunitari in cambio di “investimenti significativi” immobiliari o di capitale. La legge suscitò subito un certo interesse tra gli investitori russi. E la ragione era semplice: i “visti d’oro” davano la possibilità di uscire con facilità dall’isolamento della Russia di Putin, mettendo un piede nell’Ue e usufruendo di tutti i vantaggi offerti dalla libera circolazione nell’area Schengen.

Mario Centeno governatore della Banca centrale del Portogallo
Ma a febbraio del 2022 Putin invade l’Ucraina e il governo del Portogallo, Paese membro dell’Ue deve applicare le direttive di Bruxelles legate alle sanzioni contro lo “zar” di Mosca. Incluso il congelamento dei “vistos gold” per i cittadini russi con il conseguente blocco dei loro investimenti. Le nuove regole imposte dalla Commissione Ue al governo di Lisbona suscitano subito forti reazioni da parte dei russi a cui sono stati congelati i visti portoghesi. La questione finisce nelle aule dei tribunali, e decine di giudici sono chiamati a valutare i ricorsi presentati dagli investitori russi. La loro tesi è che il governo portoghese non aveva il diritto di congelare i loro “vistos gold”, permessi di soggiorno regolamentati da una legge dello Stato in vigore dal 2012.

Vladimir Putin
Alla fine molti tribunali danno ragione ai ricorrenti. La motivazione? Semplificando all’osso: la Commissione Ue non può chiedere a un Paese membro di ignorare una legge di Stato e un articolo della sua Costituzione. Quindi la richiesta fatta da Bruxelles al governo di Lisbona di non concedere visti di residenza a cittadini russi e bielorussi andava considerata come una semplice “raccomandazione”. In quanto tale, non poteva e non può avere “forza di legge vincolante”. Messo davanti a decine di sentenze fotocopia, all’inizio dell’anno scorso, il Portogallo decide di fare marcia indietro, e ad aprile torna a concedere i “vistos gold” ai concittadini dello “zar” di Mosca.
Ora, se i “vistos gold” e le vicende giudiziarie legate alla legge che li ha introdotti contribuiscono a spiegare il boom degli investimenti russi in Portogallo, la vicenda contiene anche due lezioni che vanno oltre i confini nazionali e riguardano tutta l’Unione europea. La prima è sulla “narrativa” messa in campo tre anni fa da Bruxelles, secondo cui le sanzioni contro la Russia avrebbero messo con le spalle al muro Putin. La seconda è sul ruolo debordante di troppi burocrati della Commissione Ue che, invece, andrebbero tenuti alla larga da qualsiasi decisione di natura strettamente politica.