La Cassia muta pelle
in via Francigena

Cassia, Il basolato della Via Cassia antica a Ponticelli, vicino Firenze

Il basolato della Via Cassia antica a Ponticelli, vicino Firenze

La via Cassia dopo l’Aurelia. Le strade furono una delle nervature fondamentali della civiltà romana, prima della Repubblica e poi dell’Impero. Sulle vie consolari viaggiavano le legioni, le merci, gli scambi culturali tra paesi e popoli diversi. Maria Luisa Berti racconta le vie consolari di Roma. Dopo tre articoli sulla via Aurelia è il turno della Cassia. Il 9 ottobre abbiamo pubblicato il primo pezzo sulla strada costruita dall’Urbe per controllare l’Etruria, oggi 14 ottobre segue il secondo.

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le prime invasioni barbariche, l’Etruria venne divisa tra Longobardi e Bizantini e la Cassia attraversava i possedimenti longobardi, che avevano posto sotto il loro controllo parte del territorio di Vico e Bolsena. Nel 728 il Castrum Sutri fu donato alla Chiesa dal re longobardo Liutprando, dando origine al Patrimonio di San Pietro e poi allo Stato della Chiesa. Quando subentrarono i Franchi, Carlo Magno ampliò i possedimenti della Chiesa e la Via Cassia divenne la Via Francigena, la via dei pellegrini.

Cassia, Resti dell'Anfiteatro Romano di Sutri

Resti dell’Anfiteatro Romano di Sutri

Da Sutri, la via Cassia toccava Forum Cassi (Vetralla), la campagna di Viterbo, Montefiascone, Bolsena sul lago omonimo, Orvieto, Chiusi, Cortona, Arezzo e infine Fiesole (Firenze). Dopo Vetralla la via continua tra i campi con il selciato originale ad ovest di Viterbo, tra ponti, terrapieni e tagliate di epoca romana. A Bagnaccio di Viterbo era la stazione di Aquas Passeris, dove le acque calde e solforose dalla sorgente del Bullicame si espandono sui campi tra ruderi di antichi stabilimenti termali etruschi e poi romani. Nei pressi di Viterbo, oltre la via Cassia, si trovano i siti archeologici di Ferentium e di Acqua Rossa. Ferento, antica e ricca città etrusca, dopo la conquista romana fu un centro importante, soprattutto durante l’età imperiale a cui risalgono la costruzione del foro, delle terme, del teatro e dell’anfiteatro. L’area archeologica di Acqua Rossa, nome derivato dalla sorgente di acqua ferruginosa, sorge in una zona abitata fin dal neolitico e conserva resti di case etrusche, costruite con blocchi di tufo e tronchi di legno.

Il Palazzo dei Papi a Viterbo

La via consolare arrivava poi a Montefiascone e a Bolsena, costeggiando il lago omonimo. La zona è ricca di reperti; perfino sotto le acque, che hanno riempito il cratere di un antico vulcano, è stato localizzato un villaggio preistorico. L’antica Volsinii, in etrusco Velzna, da cui deriverebbe anche Felsina, l’attuale Bologna, fu distrutta dai Romani nel 264 a.C., poi ricostruita sulla Via Cassia col nome di Volsinii Novi, che poi divenne municipio romano. Secondo alcuni era l’antica Orvieto, distrutta e poi ricostruita in altro luogo col nome di Urbs Vetus.

A Bolsena il sito archeologico di Poggio Moscini conserva della Volsinii romana i resti del foro, la basilica, vari edifici pubblici, la Domus delle Pitture e la Domus del Ninfeo. In epoca cristiana la città divenne famosa per i miracoli attribuiti a Santa Cristina, martirizzata durante le persecuzioni di Diocleziano. Nel 1263 mentre un prete di Praga celebrava la messa, dall’ostia cominciò a gocciolare sangue. Le reliquie a testimonianza di quel miracolo sono custodite nella Cattedrale di Orvieto.

Secondo articolo – Segue