Guerra del mare?
Romanzo Viminale

Valeva la pena d’ingaggiare subito un braccio di ferro con le navi delle Ong che trasportano naufraghi immigrati verso l’Italia? Valeva la pena d’inventarsi gli “sbarchi selettivi”, creando un muro contro muro dall’esito incerto, visto quello che prevede il diritto internazionale per i migranti del Mediterraneo? E, soprattutto, al nuovo esecutivo di destra conveniva confermare la diffidenza con cui era stato subito salutato a Bruxelles, a Washington e nelle capitali che contano?

Guerra del mare, Matteo Salvini

Matteo Salvini

La risposta alle domande, poste il 7 novembre scorso da Sfoglia Roma, è arrivata prima del previsto. Con un “no” secco e senza attenuanti. Senza considerare che lo schiaffo di Macron e la crisi diplomatica sui migranti esplosa con la Francia stanno facendo giustizia anche della tesi secondo cui la politica muscolare del Viminale e le leggi bandiera per marcare l’identità di destra del nuovo governo servivano più che altro a uso interno e – quindi – non avrebbero avuto conseguenze fuori dall’Italia. Anche in considerazione del fatto che Giorgia Meloni aveva avviato la sua politica estera sulla falsariga di quella di Mario Draghi.

Adesso è del tutto evidente che la “guerra del mare” con la Francia è nata anche per l’ingenuità e la bulimia mediatica di alcuni ministri italiani. E che Macron ha colto al balzo l’occasione per mostrarsi irritato e rimangiarsi un accordo sull’accoglienza di migranti sbarcati in Italia. La ragione? Perché questo lo stava mettendo in difficoltà in Francia: con l’opposizione di destra, ma anche con la sinistra di Mélenchon, per il presunto “favore” fatto alla Meloni.

Guerra del Mare, Emmanuel Macron

Emmanuel Macron

Naturalmente sui problemi dell’Eliseo e sulle questioni politiche interne francesi il governo avrebbe potuto fare una analisi preventiva. Ma il vero problema è la guerra alla Ong subito dichiarata dal Viminale, ignorando la legge del mare e il diritto internazionale. Il prefetto Piantedosi, appena nominato ministro dell’Interno ha voluto subito riprendere la politica salviniana della chiusura dei porti alle navi delle Ong, introducendo i cosiddetti sbarchi selettivi per motivi di salute e non perdendo occasione per mostrare i muscoli e rilasciare dichiarazioni molto dure.

Intanto però Giorgia Meloni, incontrando il presidente Macron al vertice sul clima di Sharm el-Sheikh, aveva ottenuto la disponibilità a far sbarcare in Francia i profughi soccorsi dalla Ocean Viking. Senonché la notizia, filtrata da Parigi e ripresa dall’Ansa, aveva immediatamente spinto Matteo Salvini, indiscusso padre del “romanzo Viminale”, a dichiarare trionfante: «La Francia apre il porto? Bene così, l’aria è cambiata…». Immediata la reazione francese, con Macron che fa sapere di essere “furibondo” dichiarandosi “deluso” dalla Meloni. E a nulla serve il tentativo della premier di rimediare in extremis con una nota in cui esprime il suo «sentito apprezzamento per la decisione della Francia di condividere la responsabilità dell’emergenza migratoria…».