Per un pugno di euro

Era un politico rispettato e potente, Anibal Cavaco Silva. Per 20 lunghi anni è stato al vertice del Portogallo. Come primo ministro dal 1985 al 1995 e, poi, fino a 2016, come presidente della Repubblica.Cavaco Silva, Corsivo

Era potente e rispettato, Cavaco Silva, fino a una settimana fa, quando è finito nella gogna mediatico-giudiziaria. Il suo nome è stato associato a quello di Ricardo Salgado, ex padre padrone del Banco Espirito Santo. Ossia all’uomo che la magistratura portoghese, al termine di sei anni di indagini, ha deciso di rinviare a giudizio per 65 reati: falso in bilancio, corruzione, truffa, associazione per delinquere, riciclaggio di capitali, eccetera.

Secondo l’accusa, Salgado, tra la metà degli anni Novanta e il 2014, avrebbe messo in piedi la maggiore «rete economico-politico-criminale» della giovane democrazia portoghese. Un sistema che poi avrebbe portato al fallimento il BES con un costo di svariati miliardi di euro per lo Stato e, quindi, per i contribuenti.

Vedendo associato il proprio nome a quello del pluriaccusato un tempo ossequiato da tutti, l’ex capo dello Stato si è naturalmente affrettato a smentire di aver ricevuto soldi dal banchiere. Assicurando, come ha titolato in copertina ‘l’Expresso’: «Non sono mai stato amico di Salgado». Una reazione che il più importante settimanale portoghese ha dato come risposta alla notizia che il Pubblico Ministero aveva «avviato un’indagine su un finanziamento illegale nella campagna di Cavaco Silva per le presidenziali del 2011».

A questo punto, uno si immagina chi sa che cosa. Finché non scopre che il finanziamento incriminato era di 253 mila euro. Tremila oltre il limite di 250 mila fissato dalla legge. La gogna mediatico – giudiziaria funziona così. Ovunque. Specialmente con gli ex e con chi il potere non ce l’ha più.