Semplificazione infinita

Semplificazione! Le leggi inutili e la soffocante burocrazia sono state sempre una zavorra per l’Italia. Così i governi della Prima, della Seconda e della Terza Repubblica hanno puntualmente lanciato un grido d’allarme: semplificazione! Nella Prima Repubblica nacque persino un ministero per la Riforma Burocratica (il sottosegretario Roberto Lucifredi nel governo De Gasperi per primo ebbe questo incarico), ma con scarsi risultati.

Semplificazione, Roberto Calderoli

Roberto Calderoli

Nella Seconda Repubblica Roberto Calderoli divenne ministro per la Semplificazione. Giusto 10 anni fa, nel marzo del 2010, il ministro leghista si presentò armato di fiamma ossidrica e di ascia per incenerire ben 375 mila leggi e regolamenti inutili abrogati dal governo Berlusconi. Diede fuoco a un’enorme catasta di cartoni pieni di leggi e gridò davanti ai giornalisti e alle telecamere: «Veloci, che mi si spegne il gas!».

Ma andò sempre peggio. Le nuove leggi si sovrapposero alle vecchie: l’Italia continuò sempre di più a soffocare nella giungla di articoli e codicilli.

Semplificazione, Conte e Di Maio alla Camera

Conte e Di Maio alla Camera

La Terza Repubblica, quella del trionfo del populismo cinquestelle e leghista, addirittura rischia di sprofondare nella palude delle leggi. Così il governo Conte due, tra i contrasti, ha varato un sofferto Decreto Semplificazioni ora all’esame del Parlamento. In Italia sono circa 750 le grandi opere bloccate, per oltre 60 miliardi di euro d’investimenti. 

Giuseppe Conte ha commentato soddisfatto: «Offriamo una strada a scorrimento veloce» per la ripresa dell’Italia squassata dal Coronavirus. Ma l’ottimismo del presidente del Consiglio rischia ancora una volta di restare deluso. Gli oltre 80 miliardi di euro stanziati dal governo giallo-rosso per far ripartire l’Italia rischiano di restare in gran parte impantanati. Uno dei casi più clamorosi è il bonus bici mai pagato ma anche molti lavoratori della cassa integrazione in deroga aspettano ancora invano i loro assegni.

Bruno Tabacci

I nuovi incubi si chiamano decreti attuativi. Una legge o un decreto legge per finanziare un’opera pubblica o un bonus fallisce miseramente senza i relativi decreti attuativi di un ministero o di più ministeri spesso “in concerto”. Bruno Tabacci, deputato di lungo corso di scuola democristiana, ha fatto a sorpresa dei conti terrificanti sugli ostacoli burocratici per realizzare la manovra economica anti crisi: sono necessari 148 decreti attuativi. Serve di tutto: decreti del presidente del Consiglio (dpcm in sigla), decreti ministeriali di concerto con il dicastero dell’Economia, decreti dell’Economia di concerto con altri ministeri e con le regioni o senza concerto. Tabacci è impensierito: «Ci sarà da correre, mi auguro che saremo in grado di reggere questo ritmo».

Speriamo, gli auspici di semplificazione non sono buoni. La fondazione Openpolis a metà giugno ha diffuso uno studio sui 13 decreti varati dall’esecutivo durante l’emergenza Coronavirus: erano stati emanati solo 31 decreti attuativi sui 165 necessari, appena il 18,8%.