C’è un solo uomo
al comando e si chiama
Matteo Salvini

Salvini, sempre Salvini, solo Salvini. Sui migranti, sulla flat tax, sull’autonomia regionale, sulla Tav. Su tutto. Il leader della Lega è ormai “un uomo solo al comando”.

Da quando ha stravinto le elezioni europee, deborda sempre di più dai suoi ruoli istituzionali di ministro dell’Interno e vicepremier. È il padrone del governo, si comporta da presidente del Consiglio ed è diventato – piaccia o no – il “dominus” della politica italiana.

Un uomo solo al comando, Matteo Salvini

Matteo Salvini

Non proprio un “dittatore”, come recita il titolo del libro che gli ha appena dedicato Gianpaolo Pansa, e nemmeno solo uno “spaccone”, come dice in privato chi lo detesta. Perché il suo consenso, che ormai sfiora il 40 per cento dei voti, non è millanteria.

Bisogna anche dire che Salvini è un uomo fortunato. Con Di Maio al palo e i Cinquestelle in caduta libera, adesso può alzare il tiro quando e come vuole. Mercoledì 24 giugno, subito dopo l’assegnazione delle Olimpiadi invernali del 2026 a Milano e Cortina, si è preso perfino lo sfizio di sbeffeggiare il M5S che aveva rinunciato a candidare Torino: «Speriamo che la lezione sia servita».

Un uomo solo al comando, migranti sbarcano a Trapani

Migranti sbarcano a Trapani

E così, siccome non è un dilettante della politica ha messo pure il cappello sul neonato asse del Nord, dove il governatore leghista del Veneto, Zaia, e Beppe Sala, il sindaco di centrosinistra di Milano, hanno lavorato fianco fianco per convincere il Cio a preferire il “Lombardo-Veneto” alla Svezia.

Siamo di fronte a un pragmatismo efficientista delle due aree più ricche dell’Italia destinato a segnare sempre di più la spaccatura in due del Paese. Con Roma che è governata dai Cinquestelle ed è ridotta in condizioni pietose e il Sud lontano anni luce dai livelli delle regioni più avanzate d’Europa.

Un uomo solo al comando, Luigi di Maio

Luigi Di Maio

È un politico fortunato Matteo Salvini. Perché ad essere terrorizzato dalla prospettiva di un voto anticipato non c’è soltanto il Movimento Cinque Stelle.  Forza Italia, già ridotta al lumicino, in caso di elezioni rischia di dimezzare l’attuale compagine parlamentare. Fratelli d’Italia può aspirare solo a fare la ruota di scorta della Lega.

Come dimostra Giorgia Meloni in tutte le sue uscite. Poi c’è il Pd, che dopo la “ripresina” registrata all’arrivo del nuovo segretario Zingaretti è immobile, paralizzato dalle lotte interne e dall’assenza di un qualsiasi progetto.

Infine l’Unione europea che allo stato attuale rappresenta un altro “regalo” per il leader leghista. Già, perché Salvini sa di poter fare la voce grossa anche con Bruxelles. Intanto perché l’attuale Commissione, quella che ha avviato la procedura d’infrazione contro l’Italia, è in uscita e a ottobre bisognerà trattare con il nuovo governo europeo. E poi perché Bruxelles in autunno dovrà fare i conti con la Brexit. Con una Gran Bretagna che sembra incamminata sulla strada dell’uscita senza condizioni e, quindi dello scontro duro. Al confronto, il problema rappresentato dall’Italia è una cosa da niente. O quasi.