La crescita economica è diventata quasi una scommessa impossibile per l’Italia. La povertà diffusa pesa. Le crisi economiche internazionali hanno colpito molti paesi, ma solo il nostro fatica a risollevarsi. Diminuisce nel Belpaese il reddito reale e aumentano precarietà del lavoro e debito pubblico. I sovranisti imputano tutti i guai all’euro ma non è esattamente così. Cerchiamo di capire il problema con alcuni articoli di approfondimento.
![Stagnazione, Alcide De Gasperi](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/06/De-Gasperi.jpg)
Alcide De Gasperi
Il benessere rende euforici, la stagnazione deprime. Sembra un sogno. Eppure l’Italia fu la locomotiva d’Europa. Dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale cresceva a ritmi cinesi: dal 1958 al 1963 il Pil (Prodotto interno lordo) aumentava a ritmi di oltre il 6% l’anno. Allora c’era l’Italia effervescente della crescita e dell’ottimismo, oggi c’è quella della stagnazione (a volte della decrescita certamente “non felice”), del pessimismo, del rancore. Era l’Italia del solidarismo cattolico di De Gasperi, Fanfani e Moro, quella del boom. L’Italia dei governi prima centristi e poi di centro-sinistra con il riformismo del Psi di Nenni.
![Stagnazione, Pietro Nenni e Bettino Craxi](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/06/Nenni-parla-con-Craxi.jpg)
Pietro Nenni e Bettino Craxi
L’ultimo sprazzo di crescita e di fiducia l’Italia l’ha conosciuto negli anni Ottanta, dopo il fallimento del compromesso storico Dc-Pci. Allora il Pil reale saliva al ritmo del 2%-3% l’anno con una punta del 4,1% nel 1988. Era l’Italia dei governi del centro-sinistra allargati ai liberali, battezzati anche pentapartito. Il socialista Craxi aveva sostituito la Dc alla presidenza del Consiglio, bastione considerato fino ad allora appannaggio dello scudocrociato.
I guai cominciano negli anni Novanta, con lo scoppio di Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica. Nel 1992 il Pil crollò a più 0,82% e poi nel 1993 a meno 0,88%. Si ridusse il potere d’acquisto di salari e pensioni, crebbe la paura. L’umore degli italiani divenne nero e scoppiò la collera contro la politica.
La Seconda Repubblica tenta di reagire. Centro-sinistra di nuovo conio (Prodi-D’Alema) contro il centro-destra (Berlusconi-Bossi) lancia l’era del bipolarismo. Le promesse di rinnovamento volano ma la crescita delude: negli anni Novanta staziona tra l’1% e il 2% e solo una volta, nel 1995, arriva al 2,9%. Va ancora peggio nel 2000. Prima l’Italia vivacchia con più 1%, poi il Pil sprofonda nel 2009 a meno 6,6% per la Grande recessione internazionale del 2008. Gli altri paesi occidentali, compresi quelli europei più in crisi, risalgono rapidamente la china. Noi no.
![Silvio Berlusconi](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/06/Berlusconi-300x168.jpg)
Silvio Berlusconi
Berlusconi, per i dissestati conti pubblici, nel 2011 perde Palazzo Chigi sostituito dal tecnico Monti. Per l’Italia la mazzata è pesantissima. Subisce un nuovo tonfo: nel 2012 meno 2,8% il reddito nazionale. Non va meglio negli anni successivi.
Le conseguenze sono pesantissime, l’Italia patisce la più grave crisi economica dalla Seconda guerra mondiale. Perde complessivamente circa il 25% della produzione industriale e il 15% del reddito rispetto dal 2007. La protesta sociale scoppia contro la disoccupazione, l’impoverimento del ceto medio, i tagli allo Stato sociale, la corruzione pubblica.
![Luigi Di Maio e Matteo Salvini](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/06/Di-Maio-Salvini-1.jpg)
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
C’è un netto ricambio di uomini e partiti al potere. È la Terza Repubblica. Il centro-sinistra a guida Pd perde l’egemonia, Renzi è disarcionato dalla segreteria e da Palazzo Chigi. Nel 2018 trionfano le forze anti-sistema: il populismo del Movimento 5 stelle di Di Maio e quello della Lega di Salvini basato sulla battaglia contro le élite, l’Europa, l’euro, la globalizzazione. Le promesse miracolistiche si sprecano: rimpatrio degli immigrati irregolari, reddito di cittadinanza, pensionamento anticipato, taglio delle tasse per tutti (anche sulla benzina), potenziamento del Welfare, aumento dell’occupazione e della crescita economica.
![](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/06/Operai-in-via-Anastasio-II-300x225.jpg)
Operai al lavoro
Ma solo una minima parte di questi impegni è realizzata dal governo M5S-Lega. Cala invece la produzione industriale, il Pil (se va bene salirà dello 0,2% nel 2019), la fiducia. Aumenta il deficit e il debito pubblico, la fuga all’estero dei ragazzi in cerca di futuro, la delocalizzazione delle imprese fuori dai confini. Di Maio nelle elezioni europee del 26 maggio crolla e Salvini straripa: il primo dimezza i voti, il secondo li raddoppia. I due alleati si scambiano roventi accuse e l’esecutivo traballa pericolosamente.
Da trent’anni, dalla fine della Prima Repubblica, l’Italia va a passo di lumaca, senza una strategia di sviluppo, senza una visione politica del futuro. Nuovi uomini politici e partiti, messi alla prova, si sono bruciati tra leaderismi e populismi dal fiato corto. Si sono delegittimati. Ora corrono lo stesso rischio sia Di Maio in caduta, sia Salvini trionfante, sia il Pd di Zingaretti irrilevante all’opposizione come il centro-destra di Berlusconi e Meloni.
Da anni la marcia indietro dell’Italia è continua: sull’uguaglianza, sui diritti, sulle condizioni di vita, sullo sviluppo. La stagnazione economica, sociale e culturale si combatte solo se un governo è credibile e stabile. Una volta Helmut Kohl, allora cancelliere tedesco, domandò a Romano Prodi: «Chi viene la prossima volta?».
Secondo articolo – Segue