C’è un film-favola, “Napoli-New York” di Gabriele Salvatores che merita d’essere visto. Il soggetto (dimenticato, per fortuna recuperato) è di Federico Fellini e Tullio Pinelli. Come tutte le favole adatta più agli adulti che ai bambini.

Controllo sanitario degli emigranti ad Ellis Island a New York
Per un attimo si vede la sfilata degli emigranti incolonnati per la quarantena nell’isola di Ellis Island di fronte a New York. Oggi è un’attrazione turistica. Fino a non molti anni fa un luogo dove si veniva segregati e “selezionati”, ai lati arcigni poliziotti irlandesi: non fanno nulla. Sai che sono pronti a tutto: emigrati di “prima”, ostili agli emigrati di “poi”. Chi superava l’esame dei medici bene, gli si spalancavano le porte dell’America, good luck. Per gli altri, rispediti indietro senza troppi complimenti. C’è voluto il sindaco italo-americano Fiorello La Guardia per far capire che forse era meglio farla in partenza la visita medica, che ai non idonei almeno si risparmiava il faticoso e costoso viaggio di andata e ritorno. Poi pensi che i quattro emigranti spediti in Albania li hanno visitati all’arrivo, non in partenza; e per motivi di salute sono tornati in Italia. Cambia tutto e non cambia niente. Una ruota che gira, incessante.

Fiorello La Guardia sindaco italo-americano di New York
C’è poi la requisitoria dell’avvocato che difende la sorella di Celestina, colpevole di aver reagito alle violenze e agli inganni di un uomo, malvagio come molti principi azzurri; la legge che non equivale a giustizia; il diritto, che sa essere spietato se si limita a fredda e draconiana norma; la cosa sbagliata che può essere la cosa giusta. Andrebbe trascritta quella requisitoria e fatta avere a Giulia Bongiorno, cinque minuti prima di una sua arringa a favore del suo leader, autoproclamatosi difensore “dei confini della patria”. Si sente molto Armando Diaz, ancora non ha capito che è come il protagonista di “Pippo non lo sa”, la canzonetta di Mario Panzeri e Nino Rastelli (testo) e Gorni Kramer (musica).
Il direttore de La Libertà: un bravissimo Antonio Catania (era il pilota di “Mediterraneo”): averne di giornalisti “cinici” e avidi di scoop come lui…
A proposito di interpretazioni: tutti bravi, da Dea Lanzaro ad Antonio Guerra, da Anna Ammirati a Omar Benson Miller, da Anna Lucia Piero a Tomas Arana; e, al solito, Pierfrancesco Favino che da tempo incarna una “galleria” di personaggi in modo straordinario, basti pensare al “suo” Craxi e al “suo” Buscetta.

La statua della libertà a New York
Temo che per apprezzare fino in fondo il film si debba appartenere a una certa generazione con un certo tipo di “cultura” smarrita: a parte l’ammiccamento a certi film fondamentali, c’è molto Robert L. Stevenson e Charles Dickens, in questo film; ma li si legge ancora Stevenson e Dickens? E Carmine, la cui mano è priva della linea della fortuna, e con il coltello se la fa da solo, non richiama un mitico personaggio di un autore altrettanto mitico, che di Stevenson, ma anche di Joseph Conrad, James O. Curwood, Henry R. Haggard era imbevuto?
All’inizio del film Celestina vaga in una Napoli ancora fumante dei bombardamenti… Come non pensare alle ragazze bambine della via Salaria di Roma e ai mille altri simili posti?
Tutto ciò ci viene mostrato con “leggerezza”, la delicatezza di un soffio; e in ciò si rivela l’abilità e l’astuzia di Salvatores. Senza indossare il panno noioso del pedagogo pedante, mostra, indica; lascia il segno.