L’Amara uscita di scena
del giudice Greco

Il triste addio del procuratore capo di Milano Francesco Greco, in pensione da oggi (14 novembre), si presta a varie considerazioni. Alcune legate ad avvenimenti reali, altre a fatti simbolici.

Greco, Francesco Greco

Francesco Greco

Di reale c’è il fatto che l’ex, celebrato, componente del pool Mani pulite lascia la Procura della repubblica di Milano, forse la più importante del Paese, spaccata in due come una mela e segnata dalla durissima guerra di toghe scatenata dal “caso Amara”. Con la maggior parte dei sostituti schierati contro il procuratore capo e accanto al collega Storari.

Storari è il pm che ha accusato Greco di non avergli dato semaforo verde per avviare un’indagine giudiziaria sulle accuse dell’avvocato Amara. Per questa ragione ha fatto arrivare al Consiglio superiore della magistratura le copie dei verbali con i suoi interrogatori all’avvocato-pentito.

Di reale c’è, naturalmente, lo strascico giudiziario determinato dallo scontro nella Procura milanese. Con Storari chiamato a rispondere di rivelazione di segreto istruttorio, per aver consegnato a Piercamillo Davigo (all’epoca membro del Csm) le copie con gli interrogatori di Amara, verbali che poi la segretaria dell’ex pm di Mani pulite avrebbe inviato a due quotidiani.

Greco, Antonio Di Pietro interroga Bettino Craxi

Antonio Di Pietro interroga Bettino Craxi

Reali sono, infine, le denunce presentate da Greco e Davigo, che si sono querelati a vicenda. Con la conseguenza che il procuratore della Repubblica di Milano, in attesa del proscioglimento chiesto dal Tribunale di Brescia, oggi va in pensione da indagato.

Mercoledì 10 novembre, a salutare Greco, che nell’aula magna del Tribunale di Milano dava il suo addio alla magistratura mancavano in molti. Spiccava l’assenza di Davigo, che questa volta non poteva presentarsi al fianco degli altri due grandi moschettieri di Mani pulite, Colombo e Di Pietro.

È stato proprio Di Pietro, entrando nell’aula magna del Palazzo di giustizia milanese, a sussurrare un malinconico: «Qui finisce un ciclo». Ciclo che, tra l’altro, si chiude simbolicamente proprio nel teatro milanese in cui era nato. Il 17 febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa, che segnò l’inizio di Mani pulite e di quel terremoto giudiziario che avrebbe raso al suolo la Prima Repubblica e cambiato il corso della politica italiana.