Il M5S verso il Pd
che si spacca in tre

Pd spaccato, Matteo Renzi

Matteo Renzi

Il segretario, due ex segretari: tutti divisi. Il Pd spaccato in tre sull’ipotesi di un nuovo esecutivo con il M5S. Matteo Renzi torna protagonista e spiazza Nicola Zingaretti. No alle elezioni politiche anticipate. In una intervista al Corriere della Sera propone come soluzione alla crisi «un governo istituzionale» aperto a tutti i partiti, ma in realtà il progetto è rivolto soprattutto ai grillini nettamente contrari all’apertura anticipata delle urne. L’ex segretario democratico e già presidente del Consiglio, mette da parte i laceranti scontri con i cinquestelle e allunga la mano a Luigi Di Maio.

Sono tre gli obiettivi di Renzi: 1) scongiurare il probabile trionfo elettorale di Matteo Salvini nel voto anticipato; 2) realizzare «la riduzione dei parlamentari» (riforma cara al capo politico del M5S); 3) impedire l’aumento dell’Iva al 25% nella prossima manovra economica.

Pd spaccato, Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

Il progetto esplode come una bomba. Prima Zingaretti «con franchezza» dice no. Il segretario del Pd ha motivato la bocciatura scrivendo sull’Huffington Post: «Un accordicchio Pd-M5s regalerebbe a Salvini uno spazio immenso. Nessuna paura del voto». Poi ha aggiustato il tiro: no a un «governo pasticciato e di corto respiro».

Un altro ex segretario del Pd, Dario Franceschini, ha assunto una posizione mediana. Ha invitato il partito all’unità e ha sposato l’ipotesi di “un governo di legislatura” tra M5S e Pd lanciata da Goffredo Bettini, gran consigliere di Zingaretti. L’appoggio a Bettini è deciso: «Indica un percorso difficile ma intelligente che credo valga la pena di provare a percorrere».

Dario Franceschini

Pd spaccato, nel caos. Oscilla tra una irrimediabile rottura (è possibile una scissione di Renzi) e la complicatissima strada di una intesa con il partito di Di Maio, Grillo e Casaleggio, lo storico “nemico populista”. L’unica valutazione comune è sui rischi per la democrazia causati dalle posizioni oltranziste, di destra, assunte da Salvini. Per il resto la divisione è su tutto. I contrasti sono anche sulla composizione dei gruppi parlamentari democratici: adesso i senatori e i deputati, in maggioranza, sono renziani. Anche per questo motivo Zingaretti vorrebbe votare e Renzi no: il primo potrebbe compilare le liste elettorali soprattutto con suoi candidati, il secondo teme questa eventualità.

Luigi Di Maio apre cautamente all’ipotesi del governo istituzionale (o politico) con gli antichi “nemici” del Pd, Salvini la boccia. Secondo il segretario della Lega si tratta solo di «inciuci, giochetti di palazzo». Dopo aver staccato la spina al “governo del cambiamento”, torna a chiedere le elezioni politiche anticipate, sbocco non scontato della crisi. Il capo dei grillini, invece, chiede di «approvare subito il taglio dei 345 parlamentari» e sulla crisi si affida «alle decisioni del Presidente della Repubblica». Molto più esplicita sull’abbraccio senza entusiasmo con i democratici è Roberta Lombardi, ala ortodossa dei cinquestelle, già nemica dichiarata del Pd di Bersani. La capogruppo del M5S alla regione Lazio in una intervista a Repubblica è netta: «Io dopo aver governato con la Lega penso di poter andare d’accordo anche con Belzebù».

Lo stesso Beppe Grillo sposta la rotta dalla Lega verso il Pd. In un vertice del M5S organizzato domenica 18 agosto nella sua villa di Marina di Bibbona sarebbe partito il disco verde per dare vita ad un patto di legislatura con Zingaretti. Il segretario della Lega, un anno fa giudicato “leale” ora sarebbe ritenuto “inaffidabile”. In un video il fondatore dei cinquestelle parla di «una pugnalata ad agosto».