Giuseppe Conte smentisce definitivamente l’idea di essere “un mero esecutore”. Il professore di diritto privato sempre di più si rivela un protagonista e si contrappone a Matteo Salvini nella crisi di governo.
Anzi, si pone come il vero antagonista politico del potente segretario leghista. Un antagonista per Salvini più pericoloso di Di Maio (M5S), di Zingaretti (Pd), di Berlusconi (Forza Italia). Conte lo cita per nome e cognome: vada in Parlamento a spiegare perché ha voluto la crisi di governo.
La polemica del presidente del Consiglio con il suo vice leghista e ministro dell’Interno è forte: «Questo governo ha sempre parlato poco e lavorato molto. Questo governo non era in spiaggia».
Ha replicato alle bordate sparate da Salvini dalla spiaggia dello stabilimento Papeete di Milano Marittima. Adesso, è l’accusa, le riforme «in corso» sono bloccate mentre scende la Borsa di Milano e sale lo spread tra i titoli del debito pubblico italiano e quelli tedeschi. Tutto questo perché il Capitano vuole tesaurizzare con il voto politico anticipato il 34% dei consensi mietuto alle europee anche ai danni dei cinquestelle in caduta libera. Il segretario della Lega ha modi ruvidi per chiedere tempi rapidi: i parlamentari dovrebbero «alzare il c…e andare in Parlamento». L’”avvocato del popolo” ha ribattuto: «Non spetta a lui convocare le Camere». Ha ricordato la centralità del Parlamento, ha invocato “chiarezza” e “trasparenza” sulla crisi aperta da Salvini mercoledì 7 agosto. Le regole istituzionali vanno rispettate perché l’Italia è una Repubblica parlamentare.
Il riferimento è a Sergio Mattarella. Spetta al presidente della Repubblica verificare se il Parlamento può esprimere un’altra maggioranza. Solo se risulterà impossibile un altro esecutivo sostenuto da una maggioranza diversa allora il capo dello Stato potrà sciogliere le Camere e si correrà verso le elezioni anticipate.
Conte ha sempre avuto una grande intesa con Mattarella. La convergenza è salda soprattutto sulla politica estera: sull’adesione dell’Italia all’Unione europea e alla Nato. È stato il presidente del Consiglio, d’intesa con il capo dello Stato, a lavorare per evitare la rottura con la commissione europea e a raggiungere un difficile accordo sul livello del deficit pubblico italiano, evitando così la procedura d’infrazione di Bruxelles per debito eccessivo. Conte, minacciando le dimissioni e chiedendo la piena autonomia a trattare con la Ue, già in questa occasione ha mostrato la sua emancipazione da Salvini e Di Maio, le due colonne del governo populista M5S-Lega.
Salvini martella contro i troppi “no” di Di Maio allo sviluppo dell’Italia. Ha approfittato dell’errore sulla Tav del capo politico dei cinquestelle, per togliere la spina al governo. Ha giudicato inammissibile la mozione parlamentare grillina al Senato contro l’alta velocità ferroviaria Torino-Lione sulla quale già c’era stato il disco verde dell’esecutivo. Martella per ottenere il voto anticipato: «Dopo questo governo ci sono solo le elezioni». Già si candida a presidente del Consiglio.
Lo scontro diventa sempre più infuocato mentre si avvicina il giorno nel quale il Senato discuterà la mozione di sfiducia presentata dalla Lega contro il suo stesso governo. Matteo Renzi ha proposto “un governo istituzionale”, Beppe Grillo si è schierato contro il voto anticipato. Salvini è allarmato: «Inorridisco al pensiero di un governo tra loro». Teme un possibile esecutivo sostenuto da una maggioranza M5S-Pd analoga a quella che ha votato Ursula von der Leyen alla presidenza della commissione europea.
Conte tiene botta. Potrebbe guidare un governo elettorale o, finanche, un nuovo esecutivo. Di Maio, dopo le vittoriose elezioni politiche del 2018, tentò di formare un ministero con il Pd, ma senza successo. Conte confessò, appena insediato alla guida del governo grillo-leghista, di avere un cuore che batte a sinistra.