Alitalia-Fs? Il morto
che afferra il vivo

Alitalia finisce sotto il controllo pubblico in un’ennesima operazione di salvataggio. Questa volta tocca alle Ferrovie dello Stato. E la storia assomiglia a quella classica del morto che afferra il vivo. «Sta nascendo una nuova idea del trasporto» ha annunciato trionfante Luigi Di Maio, grande sponsor dell’operazione, ma i problemi restano, e sono tanti. Non c’è traccia di un piano industriale e le questioni da chiarire sono tante, troppe.

Alitalia-Fs, un Boeing 727 I-DIRJ Alitalia

Un Boeing 727 I-DIRJ Alitalia

Andiamo con ordine e cominciamo dalla “nuova idea di trasporto e turismo”. Se, come ha dichiarato enfaticamente il ministro-vicepremier, la “rivoluzione” consisterà nel “biglietto unico” aereo-treno, la cosa suona come una barzelletta. Perché a Fiumicino (cioè nell’hub della compagnia aerea italiana) il treno che collega con Termini e Tiburtina c’è già e per fare il “biglietto-unico” basterebbe un accordo commerciale Alitalia-Fs. D’altra parte, come ha osservato Gianni Dragoni sul Sole 24 ore, in giro per il mondo non ci sono esempi di ferrovie che controllano compagnie aeree.

Ma secondo Di Maio, che – non dimentichiamolo – è prima di tutto il “capo politico di Cinquestelle”, la partnership con Fs sarebbe soltanto “il punto partenza” di questa rivoluzione, nel senso che arriverà un partner industriale, cioè una compagnia aerea straniera, di cui però nessuno sa nulla. 

Un treno Frecciargento ETR 61

Ma niente paura: «Gli investitori – ha assicurato il vicepremier – arriveranno perché abbiamo contatti importantissimi». Con chi? La sola cosa chiara è che Lufthansa si è tirata fuori. Il colosso aereo tedesco, dopo aver confermato la sua proposta d’acquisto per un’Alitalia ristrutturata, per farne una sussidiaria regionale, quindi con meno voli e meno dipendenti, ha precisato di essere «sempre interessata al dossier» ma senza la presenza dello Stato italiano. Punto sul quale l’amministratore delegato Carsten Spohr è stato chiarissimo: «Non saremo co-investitori col governo».

E qui nasce un altro problemone: grandi investitori pubblici come Eni, Leonardo (ex Finmeccanica) e Cassa depositi e prestiti, fino a poco tempo fa dati per sicuri finanziatori dell’operazione Alitalia, hanno già fatto sapere che non parteciperanno. Quindi le Ferrovie dello Stato, amministrate da Gianluigi Vittorio Castelli, appena insediato al vertice dal governo gialloverde, sono rimaste sole.

Il treno Leonardo Express che collega Roma all’aeroporto di Fiumicino

Adesso che hanno deliberato la loro offerta d’acquisto per Alitalia, dovranno girare ingenti risorse verso la compagnia aerea. Non a caso, hanno appena alzato il limite massimo di un prestito obbligazionario che chiedono al mercato da 4,5 a 7 miliardi. Sono soldi che, secondo gli annunci, serviranno a migliorare il trasporto regionale con l’acquisto di nuovi treni, ma che molto probabilmente andranno a finire in gran parte nell’Alitalia.

Intanto Lufthansa, che nel terzo trimestre di quest’anno, nonostante il caro-carburante, ha realizzato un utile di 1,065 miliardi di euro, mette a punto il suo piano B per il nostro Paese, visto come chiave per la crescita in Sud Europa. Il cavallo di Troia si chiama Air Dolomiti, una piccola compagnia aerea con base a Verona e controllata al 100% dal gigante di Francoforte, che adesso sarà chiamata a fare concorrenza ad Alitalia sul mercato interno. Air Dolomiti ha appena ottenuto dalla casa madre un raddoppio della flotta (da 12 a 26 aerei), un investimento di 100 milioni di euro e 520 nuove assunzioni.