Colomban con un piede
fuori dalla giunta Raggi

Il terremoto continua. Per la giunta di Virginia Raggi si prepara un nuovo addio. Massimo Colomban è già con un piede fuori dai suoi uffici di assessore alla Riorganizzazione delle partecipate. È in ritardo nel rassegnare le dimissioni, ma il rinvio pare solo questione di pochi giorni. Sarà un’uscita morbida. Vuole prima vedere approvato dal consiglio comunale di Roma il piano di riduzione e di riassetto delle 31 partecipate, le aziende di proprietà del Campidoglio; poi dirà addio alla sindaca della capitale.

Massimo Colomban

Massimo Colomban

Già dallo scorso giugno aveva annunciato l’intenzione di dimettersi alla fine di settembre. Al Messaggero aveva precisato: «A settembre conto di ritornare in toto alle mie attività, il mio è un assessorato di scopo, quindi a tempo, sto completando tutta la riorganizzazione della governance delle partecipate». Ora il piano di riorganizzazione è pronto e aspetta solo il voto del Campidoglio. Le dimissioni saranno l’ennesimo duro colpo per la Raggi. La giunta capitolina grillina perde continuamente pezzi e si aggrava l’immobilismo mentre esplodono i problemi: con Colomban siamo quasi a venti addii (tra dimissioni e revoche di incarichi), in poco più di un anno di travagliata navigazione, tra assessori, amministratori di aziende pubbliche e stretti collaboratori della sindaca. È un terremoto permanente: politico, economico e giudiziario.

Massimo Colomban, classe 1949, imprenditore di successo, molto vicino alla famiglia Casaleggio, era arrivato da Treviso a Roma nel settembre del 2016 con grandi progetti. Avrebbe dovuto mettere “benzina” nel motore traballante della giunta Raggi. Aveva il mandato di risanare e rilanciare le malandate aziende comunali della capitale, in particolare l’Atac (trasporto pubblico urbano), l’Ama (raccolta e smaltimento dei rifiuti), l’Ater (l’azienda per l’edilizia pubblica). Il neo assessore un anno fa commentò: «C’è da efficientare società che non sono efficienti e che non producono profitto ma debito».

Palazzo Senatorio sede del Comune di Roma

Palazzo Senatorio sede del Comune di Roma

Un problema enorme, una impresa quasi disperata. Difatti le aziende partecipate sono “in profondo rosso” o addirittura vicine al crac finanziario e produttivo. L’assessore vuole gettare la spugna prima di un possibile crollo. Nell’intervista al Messaggero di questa estate, ha fatto capire le mille difficoltà apparse sulla sua strada: «Il comune di Roma è una sfida mastodontica. Ci sono dossier e settori che non sono mai stati affrontati e soprattutto risolti. Ci sarà un motivo per cui il Campidoglio ha un debito gestito da un commissario da 13 miliardi di euro, o no?». La situazione di Roma era già grave un anno fa, ma con la giunta Raggi c’è stato un ulteriore peggioramento su tutti i fronti.

Così l’assessore “di scopo” tra breve si farà da parte, ma lascerebbe il posto a un suo collaboratore: Alessandro Gennaro, commercialista, docente universitario. Però Massimo Colomban, l’uomo che ha messo in comunicazione gli imprenditori del Nord est con Gianroberto Casaleggio e il M5S, si limiterà a lasciare Roma, ma non si farà da parte: «Resto a disposizione del M5S e della nazione». Nella prossima primavera potrebbe essere eletto parlamentare dei cinquestelle alle politiche, potrebbe anche fare il ministro se i pentastellati dovessero andare al governo.

Un camion dell'Ama

Un camion dell’Ama

Colomban getterà la spugna? La sindaca ha già messo le mani avanti. A giugno ha cercato di smorzare l’impatto delle annunciate dimissioni: «È un assessorato a termine… Per settembre dovrebbe aver finito il progetto di riorganizzazione perché quello è il termine che ci siamo dati». L’addio sarà un’altra brutta gatta da pelare per Virginia Raggi. La sua traballante giunta dovrà fare i conti con l’ennesimo esodo. Dovrà fare i conti con le partecipate comunali sull’orlo del crac. Dovrà fare i conti con le proteste  dei cittadini per il degrado della città, per la micro criminalità sempre più aggressiva, per i disservizi dai costi altissimi erogati dalle aziende comunali in deficit perenne  (l’Atac è sull’orlo del fallimento), per la ripresa economica che stenta a ripartire. Tuttavia la Raggi, ora anche azzoppata sul piano giudiziario da una richiesta di rinvio a giudizio per falso, è determinata ad andare avanti, se la prende con “i poteri forti”.

Più volte ha ripetuto: «Non mollo». Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Luigi Di Maio per adesso l’appoggiano. Poi si vedrà, ma non prima delle elezioni politiche all’inizio del 2018. La caduta della Raggi a Roma non sarebbe una bella pubblicità per le capacità di governo del M5S.