Il Satiro Danzante
incanto della Salaria

Dal Mare Tirreno all’Adriatico. Tra le tante consolari di Roma la via Salaria attraversava l’Appennino e l’Italia centrale. In particolare trasportava il sale da Ostia nelle regioni interne e i prodotti agricoli (pecore e formaggi) da quest’ultime verso l’Urbe. Ce ne parla Maria Luisa Berti.

Il Suicidio di Seneca. Da Enciclopedia Rizzoli Larousse – Corriere della Sera

Nelle vicinanze sorgeva Nomentum, città sabina che lottò a lungo contro Roma, da cui fu definitamente sconfitta nel 338 a.C. per poi diventare municipio romano. Era collegata all’Urbe tramite la via Nomentana. Centro di produzione di vini, era nota per la stazione termale di Aquae Labanae, nella località di Grotta Marozza. Qui avevano le loro ville Seneca e Marziale.

Nel 408 divenne sede episcopale, poi aggregata alla diocesi di Curi. Dopo l’occupazione longobarda (741) l’abitato venne spostato in un luogo più difendibile, circa dove oggi si trova Mentana.

Nella Riserva Naturale di Nomentum sono i resti delle mura dell’antica città (IV sec. a.C.), una necropoli con 35 sepolture databili tra il II sec. a.C. e la fine dell’Impero Romano.

Eretum, nell’attuale zona di Monterotondo, sorgeva all’incrocio della via Nomentana con la Salaria. Gli scavi hanno qui ritrovato una strada romana pavimentata con basoli (massi) di calcare ai cui lati sono state rinvenute varie sepolture, databili dalla tarda età repubblicana fino al III sec. d.C.

A Colle del Forno, sulle vicine alture, è stata ritrovata una necropoli con 40 tombe a camera, tra cui la più notevole si è rivelata essere l’undicesima, appartenente ad una famiglia di alto rango, come si deduce dalla raffinatezza dei corredi funerari. Il primo scavo archeologico del 1972 rivelò che la tomba era stata svuotata, con uno scavo clandestino, ma c’erano ancora da scavare una settantina di metri. Si scoprì che inizialmente il sepolcro era per una donna importante il cui feretro era stato deposto su una lettiga di legno con un corredo di lamine auree.

Via Salaria, Il Satiro Danzante alla Galleria Borghese

Il Satiro Danzante alla Galleria Borghese

Le ricerche hanno permesso di ricostruire la storia di quel primo scavo. Il trafficante Giacomo Medici vendette quei ritrovamenti illegali al Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, tramite l’intermediario americano Robert Hecht. Paola Santoro, dirigente del Cnr, sospettò che appartenessero alla tomba di quella donna. Fu aperto un sito Internet che permettesse agli esperti di Copenaghen e del Museo di Fara di visionare l’interno della tomba per accertare la provenienza dei reperti danesi. Finalmente nel 2016 questi sono stati restituiti all’Italia e nel 2021 sono stati esposti al pubblico in una mostra a Palazzo Dosi-Delfini di Rieti. Gli oggetti più belli e interessanti sono un calesse e il carro su cui il cavaliere stava in piedi.

Poi, superato Eretum, al miglio XXXIII, c‘era Vicus Novus o Mansio ad Novas, odierna Osteria Nuova. L’insediamento più antico di questa zona risale all’età del bronzo: si tratta di un villaggio terrazzato, dove sono stati ritrovati materiali vascolari. Questo corrisponderebbe, secondo le indicazioni di Dionigi D’Alicarnasso, all’antica Suesbula, fondata sul Monte Calvo dagli Aborigeni che qui avevano accolto i Pelasgi, emigrati dalla Grecia. Suesbula fu poi abbandonata durante l’età del ferro e in questo luogo i Romani fondarono una stazione di posta testimoniata nella Tabula Peutigeriana e dall’Itinerario Antonino: Vicus Novus.

Alle pendici del monte è stata rivenuta nel 1824 la Villa dei Brutii Praesentes, con sculture di età antonina: busti di imperatori, statue delle Muse e il Satiro Danzante, l’unico reperto rimasto in Italia e conservato alla Galleria Borghese di Roma. Le altre statue furono vendute alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen.

Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino), di antiche origini sabine, a 60 km da Roma, sorgeva sulle pendici meridionali dei Monti Sabini. Era un villaggio nel V sec. a.C., probabilmente sorto per raccogliere i pastori, che abitavano in capanne sparse nella zona dove sorgeva un santuario dedicato a Feronia, la dea della fertilità.

I Romani nel I sec. a.C. ne fecero una città di cui restano le rovine del teatro, dei bagni, delle terme e dell’antica pavimentazione. Virgilio nel libro VII dell’Eneide ricorda i valorosi soldati dell’olivifera Mutuesca: «Ereti manus omnis olivifer aeque Mutuscae».
Nei pressi di Trebula Mutuesca si staccava, vicino a Ponte Buita, la Via Caecilia verso Atri e l’Adriatico.

Secondo articolo – Segue