Ugo Intini era un uomo raro. Suscitava affetto e rispetto, riconoscimenti estremamente inconsueti per chi fa giornalismo e politica in questi ultimi anni. Forse perché Intini era un giornalista e un politico che portava dati e fatti documentati, parlava con rispetto degli antagonisti anche negli scontri più duri, agiva in modo personalmente disinteressato.

Ugo Intini
Toccai il cielo con un dito quando, da direttore dell’Avanti!, mi prese come praticante giornalista. Era la primavera del 1980, avevo 25 anni, dopo quattro anni di collaborazioni volontarie al quotidiano del Psi, divenni giornalista. Non avevo avuto la stessa fortuna collaborando con pezzi retribuiti a Panorama, Repubblica, Aga, Gr3.
L’Avanti! fu una grande scuola di giornalismo e di vita. Imparai cosa era una notizia, come andava scritto con chiarezza e sintesi un pezzo, l’importanza del titolo penetrante perché è “l’80% di un articolo”. Scrivevo e la sera andavo con gioia in tipografia a controllare articoli e titoli. All’Avanti! ho stretto amicizie straordinariamente belle, a prova di tutto.
Non sempre andavo d’accordo con Ugo, ma la sua porta era sempre aperta per parlare e discutere alla pari, anche se ero un semplice praticante al servizio sindacale-economico e lui il direttore: era un rapporto democratico, un fatto inconsueto allora nei giornali ma oggi quasi impensabile. A metà degli anni ‘Ottanta passai al servizio politico e un giorno ebbi un dubbio occupandomi del governo Craxi. Mi disse: «Scrivi esattamente come stanno le cose, poi commenta come vuoi».
Era un giornalista fuoriclasse e un convinto socialista, riformista e libertario. L’amicizia e la collaborazione con Bettino Craxi, segretario del Psi e presidente del Consiglio, era forte ma non priva di problemi. Intini aveva un carattere timido e riflessivo, Craxi irruento. Ma tutti e due credevano fortemente nel socialismo democratico, nel Psi difensore della libertà, dei più deboli, della giustizia sociale, del diritto di tutti i popoli all’autodeterminazione. Entrambi vivevano la politica nel mito di Filippo Turati e di Pietro Nenni.

Bettino Craxi
Timidezza e coraggio andavano di pari passo in Ugo Intini nato e cresciuto a Milano, gran parte della vita vissuta a Roma. Fu sempre rispettoso nelle sue aspre polemiche con il Pci perché ancorato al mito del comunismo e contrario a una svolta socialdemocratica. Precisava: il contrasto è con dei “compagni”. Il rapporto era particolarmente stretto, combattivo e affettuoso con l’anziano Giancarlo Pajetta, il caustico dirigente comunista per lunghi anni detenuto nelle carceri fasciste. Gli confidò: durante la dittatura fascista andava davanti l’ambasciata sovietica a Roma e si commuoveva vedendo sventolare la bandiera rossa. L’unità e l’intesa a sinistra fallì, ognuno voleva la leadership. Fu un disastro non solo per il Psi ma anche per il Pci e per i successivi partiti eredi.

Sandro Pertini e Ugo Intini
Ugo Intini fu coraggioso e rischiò molto negli anni ‘Settanta e ‘Ottanta, l’era tragica del terrorismo nero e rosso. Fu coraggioso dopo Tangentopoli e il disfacimento del Psi. Fu uno dei pochi dirigenti socialisti ad avere il coraggio di restare in trincea, a rimanere socialista: continuò a scrivere e a girare nelle superstiti sezioni del partito, fondò con Enrico Boselli lo Sdi e poi partecipò alla rinascita del Psi.
Era un europeista deciso ma vedeva i limiti dell’Unione Europea, voleva una alleanza con gli Stati Uniti ma autonoma, non subalterna. Parlava della necessità di fare i conti con un mondo multipolare, di una coesistenza pacifica con la Cina, la nuova superpotenza mondiale. Indicava l’errore americano di aver aperto le porte all’alleanza tra Russia e Cina.
Studiava, rifletteva e lanciava continuamente idee e proposte. L’ultima era di trasformare Eurolandia in una nuova Svizzera, libera e prospera. L’Europa come la Svizzera, osservava, è una unione di popoli con lingue diverse ma ha una potenzialità politica, economica, culturale, demografica molto più forte.

Giuliano Vassalli, Giuliano Amato e Ugo Intini
Ho visto Ugo per l’ultima volta poco più di un anno fa. Era il 9 novembre 2022, andai alla presentazione a Roma di “Testimoni di un secolo”, il suo ultimo libro. In ben 663 splendide pagine ha raccontato la storia del 1900 e dei primi anni 2000, con particolari inediti visti da lui da protagonista o come giornalista o come politico.
Nel libro parlò anche di Giuliano Vassalli, grande giurista, ministro della Giustizia alla fine degli anni ‘Ottanta, presidente emerito della Corte Costituzionale. Era affascinato da Vassalli, socialista, antifascista, torturato dalle SS nella prigione di via Tasso a Roma durante l’occupazione nazista della città. Vassalli fu l’uomo che, su decisione di Nenni, ideò e organizzò assieme a Massimo Severo Giannini e a Giuseppe Gracceva l’evasione di Sandro Pertini e di Giuseppe Saragat dal carcere di Regina Coeli a Roma. Ormai ultra novantenne, Intini lo andava a trovare nella sua casa di Lungotevere a Roma. Vassalli parlava con le finestre chiuse, al buio perché gli dava fastidio agli occhi la luce del sole. Era di una tristezza infinita per la situazione politica dell’Italia.
Scrissi una recensione del libro su Sfoglia Roma. Mi telefonò per ringraziarmi e per complimentarsi. Non avrei mai immaginato che non l’avrei più rivisto. A 82 anni è morto. Oggi 15 febbraio i funerali a Roma nella chiesa di Santa Chiara a piazza dei Giuochi Delfici. Ciao Ugo!