Le Madri Strappate, prime
vittime di femminicidio

Il femminicidio è un orribile delitto che uccide migliaia di donne ogni anno in tutto il mondo. Le vittime di femminicidio sono moltissime anche in Italia: circa ogni 4 giorni una donna è ammazzata nel nostro paese. Poi ci sono le donne ferite, deturpate con l’acido, menomate. Mariti, fidanzati, ex compagni, padri, fratelli: la casistica della terribile ecatombe vede uomini di tutti i tipi. Perfino sconosciuti. La guerra in Ucraina ha ulteriormente moltiplicato la tragedia della violenza contro le donne.

femminicidio, Donne manifestano a piazza Montecitorio

Donne manifestano a piazza Montecitorio

Tra le donne un prezzo altissimo lo pagano le mamme. A Palermo venerdì 1 luglio, nella “Sala delle Lapidi”, il terzo congresso sulle Madri Strappate organizzato dal Comitato Femminicidio in Vita ha costituito un momento di dolorosa riflessione. La discussione del congresso, moderata da Luana Valle, ha avuto come tema principale le perizie in ambito giudiziario: “Boiling  Frog  Syndrome durante le consulenze tecniche di ufficio”.

Imma Cusmai, precisa un comunicato stampa, ha ricevuto una targa di riconoscimento da parte dello sportello regionale Zeromolestie SINALP. I pericoli più diversi colpiscono anche, e forse soprattutto, le madri: «Il principio metaforico della rana bollita usato dal filosofo statunitense Noam Chomsky porta a riflettere sulle minacce negative che possono sorgere gradualmente con esiti letali».

Imma Cusmai, presidente Comitato Femminicidio in Vita è un fiume in piena: «È da più di quarant’anni che la ricerca sociale si occupa di violenza contro le donne però mai ci eravamo spinte così tanto oltre… fino a metterci la faccia. Personalmente lo faccio da circa dieci anni con non poche difficoltà perché esporsi significa attirare anche sentimenti negativi tra i padri separati violenti, provocare sentimenti contrastanti tra donne, innervosire avvocati che a loro volta vorrebbero essere sempre più

femminicidio, Imma Cusmai

Imma Cusmai

performanti». Sottolinea: «Vogliamo l’abolizione della legge 54/2006 sull’affido condiviso e l’uscita dei consulenti tecnici di parte dai tribunali. Si perpetuano falsità e inesattezze fra cui la percezione che sia un fenomeno “poco diffuso”, mentre al contrario è molto ampio, trasversale, sommerso e proprio per questo sottostimato. Essendone stata vittima so bene di cosa parlo».

Anthea Di Benedetto, presidente dell’associazione Aurea Caratite di Palermo, ha approfondito i molti fallimenti delle politiche di prevenzione. Ha riportato il racconto di una vittima: durante una perizia «ricordo l’incalzante prepotenza dell’ex coniuge, ove ad oltranza mi parlava sopra, facendomi capire sin da subito che io non esistevo come persona, come donna, come madre. Sembrava un monologo».

Viviana Cannona, pedagogista, illustra i tanti risultati positivi del suo lavoro di recupero: «Insieme alla mia squadra mi occupo di accogliere, di proteggere, di ricostruire il progetto di vita di ogni singola donna. La nostra Mission è quella di condurre le donne verso la fuoriuscita dai contesti di violenza e di costruire con loro nuove idee e progetti di vita. Il lavoro svolto all’interno della struttura rifugio Cassiopea rappresenta il punto di partenza di una nuova vita per le donne vittime e per i loro bambini». Ma esistono anche «i progetti falliti invece, caratterizzati dal ritorno della donna con l’uomo maltrattante. Ci fanno pensare a quanto ancora sul fenomeno ci sia tanto da lavorare…».

Elisa Torresin, attivista per i diritti umani, si sofferma sulle difficoltà delle donne a denunciare sopraffazioni e violenze: «Le denunce sono poche. Spesso vengono archiviate, con molta superficialità; la cronaca registra un macabro elenco di vittime che avrebbero potuto essere salvate ma le loro denunce sono state archiviate. Il fatto che una denuncia venga archiviata non significa che sia falsa. Spesso i reati vengono derubricati». Sottolinea cosa fare: «Credo sia fondamentale che l’opinione pubblica cominci a sapere quello che rischiano le madri che denunciano la violenza domestica, le accuse che possono ricevere, il clima di diffidenza e il pregiudizio che devono affrontare. La realtà sostanziale è che nessuna donna sana di mente sporgerebbe una falsa denuncia contro l’ex marito per farsi macellare nel tritacarne giudiziario».

Auto della polizia

Affrontare il femminicidio e le violenze contro le donne è scioccante. Umberto Baccolo, giornalista, espone la sua esperienza professionale: «Quando ho iniziato ad addentrarmi in questo mondo e in queste storie, tre anni fa, non volevo credere fosse davvero così. Volevo illudermi che fosse un problema di casi singoli gravi e sicuramente troppo frequenti ma che non fosse qualcosa di sistematico. Ho dovuto arrendermi con sgomento alla realtà: lo è, è un sistema diffuso che opprime le donne e rovina i figli dando legittimità ai capricci dei violenti. E il nodo di tutto ciò sta nella legge 54». Annuncia il suo impegno: «Io non smetterò di combattere al fianco di mamme e bambini finché questa sciagurata legge non sarà cambiata e non si capirà che con i violenti non deve esistere né mediazione né bigenitorialità, perché se sei un compagno violento non puoi essere anche, però, un buon genitore».

La senatrice Cinzia Leone, vice presidente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio, pone la premessa di una corretta informazione: «Questo è un punto di non ritorno. Il mio contributo voglio darlo in termini di prevenzione, ovvero prevenire con una corretta informazione, su di un fenomeno tanto noto ma seriamente poco conosciuto, per questo ritengo necessari questi momenti di confronto. A questo terzo congresso sulle madri strappate viene posta l’attenzione alla “Violenza Istituzionale”». Vanno difesi i diritti fondamentali: «Le donne che denunciano ed i loro figli vanno tutelati non solo dal legislatore ma anche dai giudici, dai pm. Voglio altresì ribadire che un partner maltrattante non può essere un padre rispettoso».