Il referendum clandestino

Il 12 giugno, oltre alle amministrative che coinvolgono circa un milione di italiani, c’è un voto che riguarda tutti. Si tratta del referendum sulla giustizia promosso da Lega e Radicali. Sono cinque quesiti abrogativi. Viene richiesto un “sì” per la soppressione totale o parziale di leggi e norme in vigore che riguardano legge Severino, custodia cautelare, separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, valutazione dei magistrati, candidature al Csm.

Referendum sulla giustizia, Il 12 giugno si vota per il referendum sulla giustizia

Il 12 giugno si vota per il referendum sulla giustizia

Il problema è che si tratta di un referendum praticamente clandestino. Secondo i sondaggi, a poche ore dall’apertura dei seggi, meno del 60 per cento degli italiani, sapeva vagamente che il 12 giugno c’era un referendum. Pochi conoscevano i quesiti, e almeno il 70 per cento dichiarava che non sarebbe andato a votare. E così i sondaggi della vigilia hanno previsto un’affluenza al voto tra il 27 e il 31 per cento. Percentuale lontanissima dal 50 per cento più uno necessario per rendere valida una consultazione referendaria.

Molti promotori si sono lamentati per il poco spazio dato dai mezzi di comunicazione al voto del 12 giugno. E il 31 maggio è intervenuta perfino l’Agcom, l’autorità garante delle telecomunicazioni, che ha richiamato la Rai e «tutti i media audiovisivi e radiofonici» con un invito a «garantire un’adeguata copertura informativa». Tra le spiegazioni dello scarso interesse per i referendum sulla giustizia c’è la natura «troppo tecnica» dei quesiti che risultano difficili da comprendere.

Referendum sulla giustizia, Matteo Salvini

Matteo Salvini

Ma al primo posto c’è la crescente sfiducia nella politica, nella giustizia e nello stesso strumento referendario. Un problema che ha radici profonde. Basti pensare a un caso per tutti. Il referendum del 1987 proprio in tema di giustizia. Il quesito era sulla responsabilità civile dei magistrati. Ci fu un plebiscito, con l’80 per cento dei voti a favore dell’abrogazione del d.p.r 497 che limitava la responsabilità civile dei magistrati. Poco dopo arrivò la legge, tuttora in vigore, che scaricava sullo Stato la “responsabilità diretta”. Risultato: in 11 anni (2010-2021) abbiamo avuto 544 cause contro lo Stato, con 129 sentenze e appena otto condanne.

Infine c’è da considerare anche lo scarsissimo interesse mostrato dai leader politici per i referendum del 12 giugno. Con l’incredibile caso di Matteo Salvini. Il leader della Lega dopo aver affiancato il Partito Radicale nella raccolta delle firme per i referendum sulla giustizia, una volta che sono stati ammessi dalla Consulta, li ha ignorati, abbandonandoli al loro destino. La spiegazione malevola è che – visti i sondaggi – Salvini ha scelto di tenersi alla larga dai referendum per non farsi coinvolgere nel fallimento del quorum e in un’altra sconfitta politica.