Ddl Zan, Draghi spiazza tutti

Affidata al cardinale Parolin, la marcia indietro del Vaticano, dopo la sortita contro il disegno di legge Zan, è la conseguenza della fermezza con cui Mario Draghi ha replicato alle accuse del Vaticano, alla tesi secondo cui il testo del provvedimento legislativo contro l’omofobia violerebbe il Concordato.  

disegno di legge Zan, corsivoLa verità è che un premier tecnico, per di più cattolico praticante, ha spiazzato tutti: la Chiesa e i partiti politici. Difendendo la laicità dello Stato e la sovranità del Parlamento. Lo ha fatto con parole nette e chiare: «Il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale. Quindi il Parlamento è libero di discutere…». Senza voler entrare nel merito del provvedimento, perché «è compito del Parlamento», Draghi ha però voluto anche dire la sua sulla presunta violazione del Concordato. Anche qui con parole inequivocabili: «Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa».

A questo punto il Vaticano ha innestato la retromarcia e i leader politici si sono trovati spiazzati. Salvini, già pronto a utilizzare l’assist della Chiesa è stato costretto a una dichiarazione a dir poco imbarazzata: «Sul ddl Zan c’è la libertà di espressione, tutti possono parlare, e il Vaticano e il santo Padre in primis, poi il Parlamento è sovrano». Peggio ancora è andata al segretario del Pd Enrico Letta che a botta calda non aveva escluso modifiche al testo, con un ambiguo: «Affronteremo il dibattito al Senato come alla Camera, determinati ma ovviamente aperti al confronto».

Poi è arrivato l’intervento di Draghi a Palazzo Madama e tutti sono stati costretti a fare un passo indietro. A dimostrazione di un fatto paradossale, che al momento l’unico vero leader politico italiano, è un premier tecnico.