È difficile essere il figlio di un personaggio importante, è difficilissimo discendere da una famiglia popolata da fuoriclasse. Marco Sassano è riuscito nella complicata impresa di non sfigurare troppo rispetto gli avi. Molti figli di personaggi illustri sono affondati nel confronto con padri e ascendenti autorevoli.

Il libro Amor di patria
Marco Sassano non sfigura rispetto al trisavolo Tobia Arienti, carbonaro, rivoluzionario, combattente con Giuseppe Garibaldi in Sud America e in Italia contro l’occupazione austriaca; verso il bisnonno Francesco Grandi, artista, un giovane della spedizione dei Mille in Sicilia, promosso sul campo dall’eroe dei Due mondi in una sanguinosa battaglia che aprì la strada alla conquista di Palermo; nei confronti del padre Fidia, giornalista prima all’Unità e poi all’Avanti!, partigiano torturato e incarcerato dal regime fascista prima e durante la Seconda guerra mondiale.
Marco Sassano ogni tanto scrive un libro. In Amor di patria racconta la vicenda dei suoi progenitori, di se stesso e, in pratica, in parallelo ripercorre la storia italiana degli ultimi duecento anni: dall’inizio del 1800 fino quasi ai giorni nostri. Non a caso il titolo del libro, pubblicato da Francesco Brioschi Editore, è Amor di patria, il sottotitolo “Storia di una famiglia italiana”. Ma un altro sottotitolo potrebbe essere “amore per la verità e la libertà”.
Il volume è scandito in quattro parti: fa parlare in prima persona il carbonaro, il garibaldino, il partigiano antifascista, come fa con se stesso. Scrive di essere soddisfatto per aver avuto «una vita serena e bella». Forse ha esagerato: la sua vita è stata «bella» ma non propriamente «serena».

Pietro Nenni
Per il suo coraggioso lavoro ha pagato altissimi prezzi. Al liceo, nel 1966, per una inchiesta scritta per La Zanzara sulla sessualità delle ragazze italiane, fini prima interrogato dalla polizia e poi processato nel tribunale di Milano. Pietro Nenni disse a Fidia Sassano: «Salutami il tuo figliolo e digli che alla sua età io facevo la spola da carcere a carcere» per istigazione a delinquere.
L’inchiesta, scritta insieme ad altri studenti e pubblicata sul giornalino del liceo Parini di Milano, finì sulle prime pagine di tutti i giornali italiani e su quelle di molti quotidiani internazionali perché rompeva un tabù nei costumi bigotti dell’Italia degli anni Sessanta: parlare della sessualità delle ragazze. Alla fine fu assolto assieme agli altri processati e divenne un famoso cronista ancora prima di entrare nella “corporazione”, l’ordine dei giornalisti.
Giovanissimo fu assunto all’Avanti! e subito, inaspettatamente, fu spedito ad occuparsi prima della strage di piazza Fontana del 1969 e poi della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Due tragedie nazionali conosciute anche come “Strategia della tensione”. Trame neofasciste, servizi segreti deviati, interferenze internazionali. C’era di tutto. Scavò con coraggio negli articoli sul quotidiano del Psi e nei suoi libri. Si beccò una valanga di denunce, dovette affrontare centinaia di processi, fu difeso da Giuliano Vassalli e fu sempre assolto. La trama dei misteri era e resta fitta. Marco scrive in Amor di patria: la tragedia di Pinelli è «quella di un uomo completamente innocente entrato vivo, sulle sue gambe, in un ufficio dello Stato e uscito morto». Ed «è ancora un mistero, una storia senza verità e giustizia».

Riccardo Lombardi
Marco Sassano fu apprezzato e divenne famoso per quegli articoli sulla strage di piazza Fontana, su Pinelli, sulle “trame nere”. La sua casa era il mondo: il Psi (in particolare fu discepolo e amico di Riccardo Lombardi), la sinistra italiana e quella internazionale. Mise insieme, come nel caso della Zanzara, lodi e minacce. Quando nel lontano 1976, a poco più di 21 anni, cominciai con entusiasmo a collaborare all’Avanti! lo conobbi: era, come si diceva in gergo, “un pistaiolo”, un inviato sulle “piste nere”. Lì, nella scalcagnata e meravigliosa redazione romana di vicolo della Guardiola a due passi dalla Camera, conobbi Marco Sassano: generoso, simpatico, fisicamente spericolato.

Marco Sassano
Aveva appena 5 anni più di me ma era già un mito, una grande firma del giornalismo italiano, enormemente alla mano anche con un aspirante giornalista come me. Una grande firma che, come gli altri compagni dell’Avanti! che ho avuto la fortuna di avere come amici e colleghi, univa grande serietà nel lavoro a una enorme umanità e disponibilità nei rapporti con gli altri. All’Avanti! i rapporti erano rispettosi ma paritari, non esistevano “pennacchi”.
Poi Marco Sassano negli anni Ottanta andò al Il Giorno e aprì un altro capitolo della sua vita professionale. Da inviato raccontò i grandi avvenimenti italiani e internazionali fino al travagliato terzo millennio. Ha vissuto tante ere politiche. Siamo passati dalla Prima, alla Seconda fino alla Terza Repubblica. La situazione dell’Italia certo non è migliorata. Anzi. I problemi non mancano: Coronavirus, crisi economica e sociale, caos politico, terrorismo islamico.