C’è chi accetta la vita da pensionato e chi no. Può accadere anche a chi ha calcato il palcoscenico della politica in ruoli di primo piano per moltissimi anni. È successo a Walter Veltroni, primo segretario del Pd nel 2007, ex segretario dei Ds, ex vice presidente del Consiglio, ex ministro, già sindaco di Roma, quotato candidato al Quirinale nel 2015.
![Veltroni, Walter Veltroni](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2019/01/Walter_Veltroni_2015-216x300.jpg)
Walter Veltroni
Veltroni, 63 anni, chiamato con pungente ironia Uòlter dai comici Ficarra e Picone, non vuole fare il pensionato, ha cambiato mestiere: da politico a giornalista. Ha intervistato Ivano Fossati, 67 anni, famoso musicista. Uòlter, intervistato in mille occasioni diverse da giornali e televisioni, è diventato intervistatore: ha firmato sul Corriere della Sera una conversazione con il cantautore Fossati. Apprezza molto il musicista impegnato a sinistra: «È musica colta e popolare». È andato a trovare l’autore di La canzone popolare nella sua casa a Genova. Già il titolo dell’intervista dice tutto: «Ivano Fossati: ‘L’addio alle scene? Esibirmi in pubblico era diventato fatica e routine’».
Forse anche per Veltroni la politica era diventata solo “fatica” e solo “routine”. Di qui l’addio annunciato alla fine del 2012 e realizzato negli ultimi sei anni. Così, dopo essersi seduto negli scranni di Montecitorio dal 1987 al 2013, con una breve interruzione a Palazzo Senatorio del Campidoglio come sindaco di una giunta di centro-sinistra, ha cambiato lavoro. È passato dall’altra parte della barricata: fa il giornalista. Certo non è nuovo del mestiere, già quando era un dirigente del Pci-Pds-Ds fu nominato direttore de l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
Nel 2013, dopo aver lasciato l’attività politica, non è andato in Africa a «svolgere un ruolo sociale» come aveva più volte annunciato. Non è andato in Africa nemmeno negli anni seguenti. Ma non ha fatto neppure il pensionato in Italia. Anzi, si è cimentato su più mestieri: si è impegnato come giornalista, regista e scrittore.
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Ivano Fossati
Però non ha staccato del tutto la spina con la politica. Partecipò alla campagna elettorale del Pd per le elezioni politiche del 4 marzo 2018: «Do una mano nei momenti difficili». Alla domanda di un giornalista su un suo possibile ritorno rispose in modo sibillino: «In politica non si torna, si sta».
Dopo la disastrosa sconfitta elettorale di Matteo Renzi e del centro-sinistra notò a caldo con Il Corriere della Sera: «È abbastanza incredibile la rapidità con cui si è passati sopra la più grande sconfitta della sinistra nella storia del dopoguerra». Lanciò critiche dure ma pacate all’insegna della politica-sentimento: «L’errore drammatico è stato togliere alla nostra comunità le emozioni e la memoria». Accusò di aver cancellato dall’orizzonte degli elettori progressisti «l’idea di partecipare a qualcosa di grande» e di non aver soddisfatto «il desiderio di futuro».
Ha criticato in maniera indiretta Renzi e si è mobilitato per cercare una alternativa. Di fronte al secco no dell’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd alla proposta di un governo con il M5S, Veltroni si è differenziato: a certe condizioni il Pd farebbe bene «a discuterne». Tuttavia ha seccamente escluso un suo ritorno in pista come segretario dei democratici: «La mia passione politica si può esercitare senza potere». Così ha continuato a fare il giornalista tenendo però d’occhio la politica.
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La Camera dei Deputati
Praticamente da un anno il Partito democratico è senza guida: prima si è dimesso da segretario Matteo Renzi e poi Maurizio Martina. Il partito fondato da Veltroni e teorizzato da Romano Prodi è impegnato da mesi in un lungo ed estenuante congresso che si concluderà solo il 3 marzo con le elezioni primarie del segretario.
I candidati più quotati a vincere la corsa, dopo il ritiro di Marco Minniti, sono Maurizio Martina e il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti. Ma tutto si svolge tra poco entusiasmo, mancanza di idee e di progetti credibili per cambiare e rendere più giusta la società italiana. Così il Pd, non ritenuto una alternativa credibile di governo né una opposizione incisiva, è dato ad appena il 17% dei voti nei sondaggi elettorali mentre i partiti populisti a Palazzo Chigi vanno a gonfie vele. Il M5S, pur dato in discesa, è intorno al 25% dei voti e la Lega addirittura quasi al 36%. Le elezioni europee di maggio, se non cambierà nulla, saranno una sfida tra i due colleghi di governo: il leghista Salvini e il grillino Di Maio.