Affabile, diretto, determinato. E ancora: prudente e coraggioso, due qualità apparentemente in contrasto ma utilmente sommabili nei momenti difficili della vita. È complicato e doloroso parlare di una persona cara quando ci lascia, ma la scomparsa è quasi impossibile da accettare quando significa perdere un pezzo importante della propria esistenza.
Sergio Letizia è morto improvvisamente all’alba di sabato 30 dicembre alla veneranda età di 94 anni. Era nato il 13 settembre 1923 a Roma, quartiere Prati, in via Andrea Doria ed è morto a casa sua in via Monte Santo, a poche centinaia di metri di distanza. Aveva un anno più di mio padre Angelo, morto prematuramente a 47 anni il 14 gennaio 1972, quando io ne avevo solo 17. E per me Sergio Letizia è stato un secondo padre, mi ha donato il suo affetto e la sua guida etica e culturale. Io ero di casa da lui: il figlio Piero è il mio più caro amico, siamo inseparabili addirittura dalle scuole medie. Da ragazzo andavo spesso a trovarlo. Per me era una stimolante miniera di sapere e di saggezza. Passavamo intere serate a discutere di tutto: politica, economia, storia, linguaggi, cinema.
Aveva molto da insegnare e io da imparare. Era un uomo straordinario, affascinante. Da ragazzo, durante l’occupazione nazista di Roma nel 1943-1944 era nella Resistenza antifascista, distribuiva l’Avanti! clandestino sugli autobus rischiando la vita. Nel 1947, segretario della Federazione giovanile socialista romana, scelse Saragat e lasciò Nenni quando scoppiò la scissione di Palazzo Barberini. Poi tornò a votare il Psi di Nenni. Tutta la famiglia, il padre Pietro e i fratelli, erano socialisti. Mi diceva: «Vanno difesi i lavoratori e i più deboli. Vengono prima di tutto».
Una sera del 1978 dopo l’omicidio di Aldo Moro, mentre l’accompagnavo al portone di casa, mi lasciò impietrito. Mi confessò: «In un covo delle Brigate rosse hanno trovato una scheda su di me!». Domandai: «Lei cosa fa?». La risposta fu semplice: «Sto attento e cambio sempre strada quando rincaso». Era un giudice e faceva attività sindacale nella Anm, l’Associazione nazionale magistrati. Scriveva e rilasciava interviste a giornali e televisioni su temi delicati: dall’amministrazione della giustizia ai cardini della vita democratica dell’Italia. Ha scritto una decina di libri: sulla criminalità, sulla giustizia, sul diritto del lavoro, sui traffici di droga, sulla civiltà egiziana. Mi contagiò e rafforzò la mia decisione di fare il giornalista, una strada difficile da imboccare, ma che alla fine, dopo tanti insuccessi, riuscii a percorrere grazie anche ai suoi preziosi consigli.
Consigli preziosi per tutti: per me, per i famigliari, per tanti amici e conoscenti. Consigli completamente disinteressati, come tutta la sua vita generosa. La sua morale opposta al moralismo e i suoi ragionamenti con una precisa consequenzialità logica mi hanno conquistato e affascinato. Si dedicava a tutto: in canottiera e calzoncini corti riparava l’impianto elettrico di casa, in toga presiedeva le udienze in tribunale.
Amava la fotografia e i viaggi: dagli Stati Uniti alla Cina. Scattava, sviluppava e stampava centinaia di foto quando c’era la pellicola. Era intelligente e curioso di tutto, soprattutto delle innovazione tecnologiche. Tre anni fa lo andai a trovare a casa e lo trovai chino su tre diversi computer. Domandai: «Come mai tanti?». Risposta: «Mi servono, hanno usi diversi!». Rimasi stupefatto per la sua voglia di sperimentare e lo guardai ammirato. Sbirciava, senza mettersi gli occhiali, una chiavetta elettronica. Spiegò: «Sto facendo un pagamento, un bonifico bancario. Ho un conto corrente online». Rimasi a bocca aperta. Io, sempre indietro con le innovazioni, fui spronato da lui novantenne a fare altrettanto. Lo imitai e alla fine chiesi anch’io alla mia banca un conto corrente online.
Sergio Letizia anni fa aveva perso l’amatissima moglie Lorenza. Ma l’affetto dei figli, dei nipoti, dei pronipoti e degli amici lo avevano aiutato a superare il grande dolore e ad andare avanti. Era un uomo affascinante ed autorevole per tutti. In cinquant’anni di affettuosa amicizia non sono mai riuscito a dargli del tu anche se parlavamo lungamente e con grande confidenza. Lascia in me, in Piero, nei famigliari, nei suoi amici un lacerante vuoto. Tuttavia resta un punto di riferimento anche ora. Un punto di riferimento sempre affascinante.
I funerali il 2 gennaio
Ore 10,30, chiesa di Santa Lucia
Via di Santa Lucia, 5 (Circonvallazione Clodia) – Roma