Arrivo a Roma e subito mi prende una grande voglia di ripartire, di tornare indietro, di chiudere definitivamente ogni rapporto con questa città, la mia città, sempre più degradata e invivibile. Ogni volta è così. Anche l’altra sera. Atterro a Ciampino poco prima di mezzanotte e non so come tornare a casa. L’autobus per Termini è già al completo e il parcheggio dei taxi è in mano al solito gruppetto di abusivi con cui devi contrattare la tariffa, in barba ai 30 euro previsti per le corse entro le mura. Sono costretto a chiamare il 5551 che almeno ti assicura un taxi regolare, ma per prenderlo bisogna attraversare tutto il piazzale e raggiungere “L’Aviazione generale”, cioè l’ingresso dei voli privati.
Anche questa è fatta. Ma il tassista ha voglia di parlare e basta un nulla per scatenarlo. Dice che cerca di evitare Ciampino, proprio per non fare storie con gli abusivi che si muovono sotto gli occhi di tutti, ma continuano a operare indisturbati. Dice che sta pensando seriamente di andarsene via da Roma, perché il suo lavoro è diventato impossibile: «Sulla Cristoforo Colombo, invece di riparare le buche hanno messo un limite di velocità di 30 all’ora impossibile da rispettare… Lo sa che in piena città ci sono strade che si stanno sgretolando e nessuno fa niente?».
Finalmente a casa. Piazza Vittorio è invasa dai rifiuti. Molti cassonetti sono strapieni e circondati da scatole, scatoloni, sacchi e sacchetti. Una roba che non trovi nemmeno al Cairo. Intanto stanno lavando i pavimenti sotto i portici. L’addetto dell’Ama usa solo la pompa: un idrante che solleva la sporcizia e crea un piccolo fiume nero.
E allora pensi a Lisbona, dove vivi buona parte dell’anno. Non sarà il massimo e il Portogallo non è nella top ten dell’Unione europea, ma almeno lì le cose funzionano. I rifiuti vengono raccolti, le strade sono lisce, decenti, senza buche, con le rotatorie sempre in ordine e piene di fiori. Se devi andare o tornare dall’aeroporto, usi la metropolitana che sbuca proprio dentro lo scalo. La linea rossa. L’hanno costruita in occasione per l’Expo universale del 1998, quando una classe politica accorta, guidata da Mario Soares, decise di approfittare dell’occasione per dotare la città di grandi infrastrutture: la stazione intermodale di Oriente, il ponte Vasco De Gama, che è il più lungo d’Europa, e la metropolitana per collegare l’aeroporto.
La voglia di tornare dipende anche da questo. Nella capitale del penultimo Paese dell’Unione europea i servizi essenziali funzionano. La rete autostradale che circonda la città è ottima e non ha confronti con il Grande Raccordo Anulare romano. La rete ferroviaria è vecchiotta, ma treni e metro sono sempre in orario.
Abito in un paesino dall’altra parte del fiume Tago. A 20 chilometri da Lisbona. Bene. In stazione ho fatto un abbonamento che comprende anche la metropolitana e i bus della capitale. Le macchinette sono le stesse, la tessera magnetica è unica e puoi ricaricarla dove vuoi, in qualsiasi macchinetta, perché poi le compensazioni del dare e dell’avere vengono fatte dalle società (diverse) che gestiscono i vari servizi. Nelle ore di punta ho un treno ogni dieci minuti. Per il resto della giornata l’intervallo è di venti. Mi è successo più d’una volta di perdere un treno per 30-40 secondi. Perché se c’è scritto che “o comboio” parte alle 9,28, non è pensabile che tu lo possa trovare in stazione alle 9,29. Quando ho attraversato il Tago non scendo alla prima fermata, ma alla seconda. Perché c’è la stazione di scambio. Senza uscire e con una piccola passeggiata arrivo alla linea azzurra della metro. Se devo andare in aeroporto, faccio due fermate di metro azzurra, scendo e prendo (sempre nella stessa stazione) la linea rossa che mi porta praticamente sotto l’aereo. Totale meno di un’ora.
Dimenticavo. La prima volta che dovevo rientrare a Roma, ho pensato di lasciare la macchina nella stazione ferroviaria del paesino dove abito. Sono andato allo sportello della Fertagus dove ho fatto la mia brava richiesta. Mi hanno domandato se il parcheggio lo volevo coperto o scoperto. Non sapevo che c’era anche un parcheggio coperto. Ho nascosto la meraviglia e ho atteso che caricassero i giorni della sosta sulla tesserina magnetica dell’abbonamento. Perché è con quella che faccio tutto: la uso ai tornelli del treno e a quelli della metro, la passo alle macchinette dei tram e degli autobus e, adesso, anche alla sbarra del parcheggio della stazione di Fogueteiro. Poi arrivo a Roma, trovo una città dove non funziona niente e subito mi viene voglia di ripartire.
F.Sa.