Raggi, Grillo e M5S
nell’era post-verità

Beppe Grillo

Beppe Grillo

Nell’era della post-verità, i fatti non contano. Comunque, contano meno dell’immagine, cioè della realtà percepita. E non importa se la percezione contraddice la realtà effettiva, perché ormai viviamo tutti in un “reality show”.

Prendi un taxi nel centro di Roma e ti viene da osservare ad alta voce che i cassonetti traboccanti di rifiuti non si vedono in nessuna capitale europea. Il tassista replica che alla Raggi mancano i soldi perché i vecchi partiti si sono “mangiati tutto”. Tu dici che i soldi c’entrano poco con la raccolta differenziata, che l’amministrazione pentastellata non riesce a far funzionare. Aggiungi che la giunta in carica, ad un anno dalla conquista del Campidoglio, e nonostante le reiterate promesse, non ha ancora  presentato il suo “piano rifiuti” e anche in questo caso la carenza di fondi c’entra poco. Ma quello ti risponde che la nuova sindaca avrà anche commesso qualche errore dovuto all’inesperienza, ma – a differenza dei “ladroni” che l’hanno preceduta –  è onesta e quindi lui continuerà a votare per Cinquestelle. Fine della conversazione.

Ecco il punto chiave. Nell’epoca della post-verità può accadere – e sta accadendo – che il fallimento della Raggi non si ripercuota sulle fortune elettorali della ditta Grillo-Casaleggio. Decimale più, decimale meno, tutti i sondaggi confermano che M5S è il primo partito italiano. Se domani si andasse a votare, vincerebbe le elezioni e si preparerebbe sul serio a governare il Paese.

Eppure la realtà, non quella virtuale, sta lì a dimostrare che nella capitale e, prima ancora, in tutte le città che hanno conquistato, i sindaci pentastellati hanno messo subito in evidenza la loro incapacità di governo. Così è stato a Porto Torres, a Livorno, a Civitavecchia. Certo, Roma non è Porto Torres, quindi si poteva ragionevolmente supporre che scandali, incertezze, gaffe ed errori della sindaca avrebbero assestato un colpo alle fortune elettorali dei grillini. Non è andata così.

Secondo tutti i sondaggi sulle intenzioni di voto, il Movimento naviga ancora con il vento in poppa,  ha sorpassato il Pd renziano ed è diventato il primo partito italiano. La Raggi continua a fare gaffe ed errori, ma il suo fallimento viene puntualmente sepolto da un misto di silenzio e rassegnazione, mentre una dichiarazione di Di Maio sulle Ong che trasportano i  migranti, una sparata demagogica di Di Battista, un post di Grillo contro Renzi, finiscono al centro dei talk show televisivi e occupano pagine e pagine di giornali.

Intanto la capitale va precipitando di giorno in giorno. Assediata dall’inefficienza dei servizi pubblici municipali, paralizzata dai continui rinvii della sindaca alle prese con la lotta feroce in corso tra i Cinquestelle, Roma è ormai diventata per Grillo soprattutto un problema mediatico. Per evitare che i disastri del Campidoglio si ripercuotessero sul M5S a livello nazionale, il comico genovese ha pensato bene di commissariare la sindaca, imponendo assessori, commissari e membri dei consigli di amministrazione che contano. Ma per Cinquestelle il punto centrale è diventato quello della comunicazione sulla Raggi e sulla sua amministrazione. Così Grillo l’ha sottratta al Campidoglio per affidarla direttamente  al vertice nazionale.

Nell’era della fiction che ha sostituito la realtà succedono cose straordinarie in tutto il mondo. L’altro giorno, il figlio di un amico che vive a Londra mi ha raccontato che l’azienda in cui lavora, come tutte le multinazionali che operano in Inghilterra, sta subendo le pesanti conseguenze della Brexit. Avendo buona parte dei suoi fornitori nell’Unione europea, continua a comprare in euro, ma poi sul mercato interno deve vendere in sterline, con una perdita stimata (agli attuali livelli di cambio) di quasi cinque milioni di euro in solo un anno.

Eppure Theresa May, che guida il governo proprio per aver soffiato sul fuoco dell’uscita dall’Unione europea, ha imposto le elezioni anticipate a giugno per continuare a cavalcare la Brexit e rafforzare il suo partito. Possibile? Possibile. I sondaggi dicono che la May può vincere la sua mano di poker grazie alla realtà percepita da buona parte degli elettori inglesi, che non vedono alcun indebolimento determinato dalla rottura con l’Europa comunitaria. Potenza della post-verità.