Infuriano le guerre,
le Borse euforiche

La lettura dei giornali lascia di stucco: dilagano le guerre e le Borse macinano record. C’è chi piange i morti e chi brinda a lauti profitti. Piovono le bombe e le Borse mondiali segnano primati da sogno.

Guerre, La Borsa di New York

La Borsa di New York

La guerra devasta il cuore dell’Europa orientale, massacra l’Ucraina ma le piazze finanziarie segnano il boom. Vladimir Putin canta vittoria dopo due anni di combattimenti in Ucraina, l’Unione Europea per la prima volta vota per l’Europarlamento sotto l’incubo dei bombardamenti e adotta delle scelte da economia di guerra, ma le quotazioni azionarie salgono.

Il Medio Oriente è incendiato dalla guerra tra Hamas e Israele, Gaza è spianata, ma le Borse valori internazionali invece di crollare collezionano record. Strano, stranissimo ma vero.

I tassi d’interesse alti decisi dalle banche centrali del pianeta per combattere la forte inflazione da guerre hanno causato quasi la recessione in Europa, tuttavia le Borse non naufragano ma decollano. Invece le economie americana, cinese, russa, indiana vanno abbastanza bene ma per i cittadini, a Occidente e a Oriente del pianeta, suona la stessa musica: stanno tutti male. I cittadini hanno i portafogli vuoti per comprare la benzina sempre più cara, per pagare le bollette di luce e gas sempre più alte, per fare la spesa al supermercato sempre più proibitiva. I cittadini in tutto il pianeta sono sempre più in difficoltà mentre dei Paperoni della finanza si arricchiscono con lo sprint di azioni e, anche se un po’ meno, di obbligazioni.

Uno scontro tra truppe russe e ucraine

Il mistero di queste laceranti contraddizioni non è un gran mistero, può essere spiegato. In sostanza i motori del boom delle Borse sono due: l’ingresso sulla scena economica globale dell’intelligenza artificiale e l’industria delle armi. Le aziende elettroniche di alta tecnologia producono una valanga di utili. La statunitense Nvidia, specializzata in chip destinati all’intelligenza artificiale, in un anno ha quasi triplicato i ricavi. I grandi miliardari investono e realizzano guadagni superlativi con Nvidia e con altre società dell’alta tecnologia, protagoniste dei record nelle piazze finanziarie internazionali. Pechino vuole la riunificazione con “la provincia ribelle” Taiwan non solo per questioni patriottiche ma anche perché l’isola retta da una democrazia detiene gran parte delle industrie produttrici dei preziosi chip.

Un analogo discorso vale per le aziende produttrici di armi. Stati Uniti, Cina e Russia sono state e sono le nazioni più leste in una logica di potenza ad investire miliardi di dollari per costruire bombe, missili, aerei, navi, droni, carri armati, cannoni. Ma anche altri paesi le hanno seguite a ruota nella folle corsa agli armamenti. C’è chi progetta addirittura dei robot umanoidi più o meno indistruttibili da impiegare nei campi di battaglia. Gli Stati Uniti d’America hanno accusato la Federazione Russa di progettare una bomba atomica nello spazio. Si parla di possibili attacchi ai satelliti di telecomunicazioni. Mosca ha smentito. La tensione politica sale e in parallelo aumentano gli investimenti in alta tecnologia e in armi. Divampano le guerre ma le Borse volano con le società che producono armi non sprofondano. Albert Einstein diceva: «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi».