Portogallo, Costa
non è finito e
ora punta a Bruxelles

A ridosso delle politiche del prossimo 10 marzo, il Portogallo vive giorni surriscaldati da una campagna elettorale senza esclusione di colpi. Dove i due maggiori partiti, il PS (che ha la maggioranza assoluta nel Parlamento uscente) e il PSD (che guida l’opposizione) giocano una partita dalla posta altissima.

Indagine per Corruzione, Antonio Costa

Antonio Costa

Dopo le dimissioni del premier Costa e lo scioglimento dell’Assemblea legislativa, i socialisti rischiano di perdere non solo l’attuale maggioranza assoluta ma anche la guida del Paese. Mentre sull’altro fronte la destra socialdemocratica, dopo 11 anni di opposizione non può permettersi il lusso di una nuova sconfitta. Che tra l’altro subirebbe da un PS in difficoltà e senza nemmeno la guida del leader che lo ha portato al 41,7 per cento. 

Comunque sia, visto il modo traumatico in cui si è arrivati a sciogliere il Parlamento a metà legislatura, dopo le dimissioni di Costa a causa un’indagine giudiziaria, è difficile fare previsioni sull’esito del prossimo voto. Prima del terremoto politico, tutti i sondaggi davano il PS indebolito da una prova di governo deludente, ma ancora in testa nelle intenzioni di voto. Insomma, una forza di sinistra ormai lontana dalla maggioranza assoluta conquistata nel 2022.      

Tutto questo mentre crescevano i rumors sulle intenzioni di Costa di lasciare la politica interna per un incarico a Bruxelles. Operazione da mettere a punto dopo la celebrazione del 25 Aprile, che nel 2024 coincide con il Cinquantesimo anniversario della Rivoluzione dei Garofani e dell’avvento della democrazia in Portogallo.

La Camera dei deputati portoghese

A sconvolgere un simile crono programma, senza nemmeno attendere il risultato delle elezioni europee di giugno a cui sarà legata la nomina della prossima Commissione Ue, il 7 novembre però è arrivato il terremoto giudiziario che ha spinto Costa ad anticipare l’uscita dalla politica portoghese.

Tutto è nato da un inusuale comunicato stampa attraverso cui la magistratura inquirente faceva sapere che il capo del governo era coinvolto in un’indagine per corruzione. Indagine legata a concessioni minerarie di litio e investimenti in idrogeno verde che sarebbero stati favoriti violando alcune restrizioni ambientali.

Immediata la replica di Costa che, dopo aver sostenuto di “non aver compiuto nessun illecito”, ha rassegnato le dimissioni da tutti i suoi incarichi politici. Gesto fatto “per dignità”, in quanto un primo ministro «non può essere sfiorato dal un sospetto di corruzione».

Ritagliatosi il ruolo di padre nobile socialista, a questo punto Costa non si ricandida nemmeno per il suo seggio in Parlamento e lascia spazio a una nuova leadership del PS, che al congresso del 17 dicembre sceglierà Pedro Nuno Santos come segretario. E così qualsiasi risultato uscirà dalle urne, si può già dire che l’ex segretario-premier ha vinto. Consegnandosi alla storia politica portoghese come il leader che ha portato il suo partito alla maggioranza assoluta e ha condannato la destra socialdemocratica all’irrilevanza.

Pedro Nuno Santos

Si tratta di immagine che potrebbe servire a breve per il ritorno alla politica. Un “curriculum” in grado di aprire all’ex premier portoghese le porte per un incarico di peso nella prossima Commissione di Bruxelles. Già perché – a sorpresa – l’obiettivo adesso sembra di nuovo a portata di mano. E la ragione è nelle stesse indagini della magistratura che hanno spinto Antonio Costa sull’orlo del pensionamento anticipato.

Infatti con l’andare dei giorni è successo che il giudice istruttore, esaminate le carte, ha considerato insufficienti gli indizi di corruzione del pubblico ministero e ha ridotto le imputazioni a traffico d’influenze. Ma il colpo alla credibilità dell’inchiesta giudiziaria è arrivato dalla cosiddetta “confusione dei Costa”. Si tratta della trascrizione di una delle intercettazioni che secondo l’accusa avrebbero implicato il capo del governo. Invece chi era al telefono non si riferiva al premier, ma al ministro dello Sviluppo economico. Il quasi omonimo Antonio Costa Silva. Un errore che alla fine la Procura ha dovuto ammettere, cercando però di limitare i danni sostenendo di non aver confuso i due Costa, ma che c’era stato soltanto un “problema di trascrizione”…