Per Bocchino
Balbo è un modello.
Nessuno contesta

Come dare torto a Massimo Cacciari che (apparentemente) se ne impipa, se vi siano risvolti penali su questa storia dei saluti fascisti, e sostiene che si tratta soprattutto di una questione di cultura?

Balbo, Italo Bocchino

Italo Bocchino

È così: i valori dell’antifascismo, della libertà, della democrazia, del diritto, della Costituzione non si impongono, non si esportano. Si coltivano e conquistano (e difendono) con una lenta, paziente, metodica, azione di educazione, informazione, conoscenza.

La prova? L’altra sera a Di Martedì, la trasmissione condotta da Giovanni Floris. Tra gli ospiti, lo scrittore Marcello Fois si azzarda a osservare che per il padre di Italo Calvino quel nome ha un significato diverso da quello che invece aveva per il padre di Italo Bocchino, l’esponente di Fratelli d’Italia, ospite fisso della trasmissione. Prontamente Bocchino interrompe, si dice orgoglioso di chiamarsi Italo come Balbo: glorioso trasvolatore, che votò contro le leggi razziali volute da Mussolini…

Balbo, Italo Balbo con Benito Mussolini

Italo Balbo con Benito Mussolini

Nessuno si sogna di contestare a Bocchino o a chiunque di essere orgoglioso di quello che meglio crede. Colpisce, tuttavia, che né Floris né altri presenti in studio (erano in tanti) abbia mosso la più lieve contestazione. Affermazione e rivendicazione di orgoglio passate lisce come l’olio.

E dire che Balbo, certo, campione dell’aria, trasvolatore ammirato, autore di mitiche imprese aeree, è stato anche ben altro: quadrumviro, il più determinato e violento. Uno dei ras che, foraggiato dagli agrari emiliani, mette crudelmente a ferro e fuoco la sua regione, l’Emilia e le Romagne (solo Parma gli resiste).

Dalle sue squadracce fa bastonare, ferire e uccidere cattolici, liberali, socialisti, comunisti, colpevoli di non essere fascisti e proni ai diktat fascisti. Centinaia le sedi del sindacato, le case del popolo, le sezioni di partito, le cooperative, date alle fiamme e distrutte. Gli agguati mortali contro capi-lega, la copertura del delitto di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta, ucciso a bastonate da due squadristi, Giorgio Molinari e Vittore Casone, che fanno capo al futuro console della milizia Italo Balbo…

Italo Balbo

Si può inoltre ignorare che quando la squadraccia fascista capeggiata da Amerigo Dumini rapisce e uccide Giacomo Matteotti, delitto che sgomenta per la sua efferatezza al punto da mettere in crisi Mussolini che teme di finirne travolto, è proprio Balbo che lo puntella e lo costringe a resistere? Tutto questo va ricordato a chi rivendica con orgoglio per chiamarsi come Balbo.

Per quel che riguarda le leggi razziali.  Balbo le avversa, ma solo nella cerchia più ristretta; difende amici ebrei della sua Ferrara, ma ha cura di non esporsi pubblicamente. Il suo è un NO sul piano personale (non poco, certo, rispetto ai tanti SI’ servili; ma non è molto). Balbo si guarda bene dal portare il suo dissenso su un piano diverso. In sostanza, come altri “camerati” china la testa.

Benito Mussolini

Si cita la pubblica difesa del podestà Renzo Ravenna, che in quanto ebreo viene destituito. Vero: Balbo interviene all’insediamento del successore per tessere l’elogio del “camerata Ravenna”, e si attira le antipatie dei fascisti più fedeli al razzismo.  Però è consigliabile almeno sfogliare un libro recente, dello storico Giorgio Fabre, Il Gran Consiglio contro gli ebrei (Il Mulino). Si basa su documenti inediti che rivelano il volto antiebraico di Balbo.

Fabre in particolare ha scovato nell’Archivio Centrale dello Stato un ciclostilato preparato personalmente da Mussolini come base di dibattito per la riunione dei gerarchi del 6 e 7 ottobre 1938, che in un incontro a Palazzo Venezia danno valore giuridico alla campagna antisemita voluta dal duce. I gerarchi discutono e stabiliscono le norme da imporre; non emergono tra loro veri contrasti con quanto vuole Mussolini: tutti d’accordo, Balbo compreso.

Giacomo Matteotti, da una tessera del Psi durante la lotta antifascista

Tutti i presenti sottoscrivono le regole della vergogna. Fabre documenta come il ras ferrarese contribuisce alla stesura definitiva del testo del provvedimento. A quella riunione c’è un grande assente: il filosofo Giovanni Gentile; non per caso: «non condivideva le più recenti idee e definizioni sulla razza» di Mussolini.

Balbo è l’unico gerarca fascista davvero temuto da Mussolini (questo vorrà pur dire qualcosa), per questo “esiliato” a fare il governatore in Libia, dove muore abbattuto per errore dai mitraglieri italiani della nave San Giorgio che scambiano il suo per un aereo nemico.

È possibile che Bocchino ignori tutto ciò (del resto leggere i voluminosi tomi di Renzo De Felice, Emilio Gentile, Antonio Scurati, esige tempo e pazienza). Potrà obiettare con il più “agile” Giordano Bruno Guerri. Che però, pur prodigo di riconoscimenti nei confronti di Balbo, ricorda che «tutto ciò non basta a mettere Balbo nel Pantheon dei grandi italiani del Novecento, zavorrato com’è dalla responsabilità di avere ‘inventato’, ovvero organizzato, lo squadrismo fascista e di avere contribuito più di tutti a portare Mussolini al potere».

Ognuno è liberissimo di essere orgoglioso di quello che crede, e questo vale ovviamente anche per Bocchino. Ma che in studio nessuno abbia replicato alle sue affermazioni è la conferma che Cacciari purtroppo ha ragione da vendere.