Giuseppe Di Vagno e Giacomo Matteotti. Due socialisti riformisti con il coraggio di rispondere alla violenza fascista. Entrambi deputati, entrambi pagarono un prezzo altissimo per la volontà di non piegarsi alla dittatura di Benito Mussolini: il primo fu ucciso nel 1921 dalle squadracce fasciste, il secondo subì la stessa tragica sorte nel 1924 a Roma.
Seguì la dittatura, la Seconda guerra mondiale, la sconfitta di Mussolini da parte degli Alleati e da parte della Resistenza antifascista. Anni tragici, di sangue prima dell’affermazione della democrazia. Ancora oggi il governo Meloni e Fratelli d’Italia, partito post fascista erede del Msi, fanno i conti con la storia della dittatura. Non a caso Ignazio La Russa, quando fu eletto presidente del Senato, fece un appello alla pacificazione nazionale alle volte contraddetto da scivolate di nostalgia verso il Ventennio, prontamente sanzionate da Giorgia Meloni.
Giovanni Capurso, scrittore e saggista, scava nel tragico periodo della crisi dello Stato liberale giolittiano, dello scompiglio sociale ed economico scoppiato in Italia dopo la fine della Prima guerra mondiale. Furono gli anni della nascita e della vittoria della dittatura fascista. Capurso analizza e racconta questi tragici anni nel libro “La passione e le idee – La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno e Giacomo Matteotti”, Progedit edizioni.
Dopo l’assassinio di Matteotti e il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 di formale avvio della dittatura, precisa un comunicato stampa di presentazione del libro, la battaglia politica degli antifascisti sembrava persa. Eppure le idee di cui erano portatori continuarono a rimanere vive, ad attraversare il tempo e infine a rifarsi durante la Resistenza. Ci verrebbe da dire: con Giacomo Matteotti «uccidete me, non le idee che sono in me».
In un’epoca di eclissi delle grandi idee, di crisi delle visioni del mondo, questo saggio storico sembra quasi essere una provocazione. L’autore più che perdersi in aspetti cronachistici, già abbondantemente raccontati, sembra essere più interessato al confronto tra idee attraverso i principali protagonisti di un’epoca particolarmente inquieta e turbolenta, quella che va dalla crisi delle istituzioni liberali all’avvento della dittatura, dall’assassinio di Giuseppe Di Vagno a quello di Giacomo Matteotti. Le posizioni appassionate di Tommaso Fiore, Guido Dorso, Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Delfino Pesce e altri vengono messe a confronto con l’uso di fonti inedite e poco conosciute.
Lo scenario è quello pugliese che, assieme a quello dell’Emilia, costituisce un vero e proprio laboratorio politico di un metodo violento e terroristico che rapidamente fece scuola in tutta Italia. Già nel novembre 1922, infatti, il giovane Piero Gobetti con ironia scrisse: «chiediamo le elezioni coi mazzieri, non solo in Puglia, ma a Torino e a Milano».
Ne viene fuori un testo particolarmente originale sia nell’approccio che nel metodo di ricerca. Poi, parlando di idee, ovviamente la scelta dell’immagine di copertina non poteva che ricadere su uno dei simboli più noti, quello utilizzato per le tessere socialiste.
Per quanto riguarda lo stile, Capurso, come di consueto, non cede alle tentazioni di verbosità o autoreferenzialità, come può accadere per chi si occupa di ricerca storica, restituendoci un volume scorrevole e accessibile ai non addetti ai lavori; a maggior ragione per un tema particolarmente complesso come quello affrontato.