Domenica 23 febbraio il carnevale di Rijeka entra nel vivo con le sfilate dei carri allegorici e la partecipazione in maschera di migliaia di persone, adulti e bambini, provenienti da tutta Europa. Più che negli anni precedenti l’appuntamento acquista oggi un valore particolare perché la città costiera istriana di Fiume/(Rijeka), in Croazia, è quest’anno la Capitale europea della Cultura 2020, insieme all’irlandese Galway.
Sarà quindi per dodici mesi al centro della scena culturale internazionale dando vita a eventi e appuntamenti significativi in ambito europeo. Lo slogan che guida le centinaia di iniziative è Fiume – Porto della diversità e vengono seguite tre tracce tematiche che guardano al passato di questa città, ma ancora più al suo futuro: acqua, lavoro e migrazioni.
Il primo febbraio c’è stata l’inaugurazione dell’anno della cultura che si protrarrà per tutto il 2020. «Con questo progetto si vuole arricchire la diversità culturale europea, celebrare i rapporti che uniscono, creare un luogo d’incontro per gli europei provenienti da diversi background, promuovere il loro multiculturalismo, il multilinguismo come pure la comprensione reciproca e incoraggiare il senso di cittadinanza europea», si legge sul sito web dei promotori e curatori dell’evento.
Ma per comprendere appieno l’importanza che questa città di “frontiera” riveste in ambito internazionale e le potenzialità del suo sviluppo futuro in tutti i campi, da quello economico a quello culturale, non si può ignorare la sua storia e le radici profonde che la rendono un luogo imprescindibile dell’intero continente.
Introducendo uno studio approfondito sulle origini della città croata il professor Pier Luigi Guiducci, docente di Storia della Chiesa presso il Centro Diocesano di Teologia per Laici (Istituto Ecclesia Mater, Pontificia Università Lateranense), a cui è stato dato l’incarico di raccontarne l’evoluzione nel corso di secoli, a proposito della scelta di designare Fiume capitale europea della Cultura per il 2020 afferma: «Il fatto è significativo perché nello sviluppo storico di tale località si trovano persone, avvenimenti interni, realtà territoriali, vicende internazionali, che costituiscono un patrimonio di idee, di contributi e di iniziative da non vanificare. Per certi aspetti si è in presenza di un ‘unicum’ i cui elementi aggreganti favoriscono non solo una ricerca storica, ma anche un approfondimento di vissuti».
«Attraverso il lavoro di diversi studiosi è stato possibile accertare la presenza di insediamenti umani nella zona di Fiume risalenti al periodo del Paleolitico e del Neolitico», scrive il professor Guiducci.
Dal 229 a. C. al 167 a. C. vennero combattute tre guerre contro i pirati Illiri. Le legioni romane ebbero alla fine il sopravvento e si arrivò a dominare le zone dei ribelli. Dal 167 a.C. al 60 a.C. l’intera area illirica costituì la Provincia dell’Illyricum. In tale periodo furono fondate più colonie romane. Tra queste, nella Liburnia, ci fu Tarsatica (60 a.C.). L’area di tale agglomerato corrisponde all’attuale centro abitato di Tersatto, moderno rione di Fiume. Per circa quattro secoli, il diretto controllo di Roma favorì nelle terre illiriche un significativo sviluppo commerciale e culturale. Poi la città seguì passo passo l’evoluzione storica dell’Impero Romano, dalla diffusione del Cristianesimo, alle invasioni barbariche, alla sua caduta. Questo per limitarsi alle origine della città.
Ma Fiume è stata soprattutto una città “simbolo” del “secolo breve” e delle tragiche vicende storiche che lo attraversarono. Città costiera di confine, appartenente all’impero austro-ungarico, dopo la caduta dell’Impero, nel 1918, entrò a far parte dello Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi, con sede a Zagabria, ma questa parte fu presto rivendicata dal Regno d’Italia. Ma, spiega il prof. Guiducci nella sua ricerca, «specie negli ambienti dei reduci del primo conflitto mondiale si era convinti che era necessario annettere questa città all’Italia. Tale dibattito si inseriva a sua volta in una tematica ancor più vasta, quella della cosiddetta ‘vittoria mutilata’. L’espressione si riferiva alla mancata annessione di tutti i territori previsti dal ‘Patto di Londra’ (il Trentino, il Tirolo cisalpino, la Dalmazia settentrionale)».
Si assistette così nell’ordine: all’occupazione di D’Annunzio, nel 1919, con la creazione dello Stato libero di Fiume, nel 1920; quindi al ritorno all’Italia nel 1924. Dopo la capitolazione dell’Italia, nel 1943, Fiume fu occupata dai tedeschi, che la controllarono fino al 3 maggio 1945, giorno della sua liberazione. Con la Conferenza di pace di Parigi, nel 1947, Fiume ritornò alla Croazia, nell’ambito della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Esattamente 100 anni fa, alla fine della “Grande Guerra”, Gabriele D’Annunzio, prima dell’occupazione, l’aveva definita “città di passione”, facendone dunque il simbolo della “vittoria mutilata”.
Nel secolo scorso la storia di questa città è stata tragica. Emblema di occupazione, rivendicazioni, irredentismo, divisioni, fascismo, violenze e guerra (è di questi giorni il tragico ricordo delle foibe in cui furono uccisi anche molti italiani di Fiume) oggi è finalmente il simbolo di un’Europa che si unisce in nome dello sviluppo e della cultura, dell’integrazione e della tolleranza.