Passato Ferragosto e con settembre ormai alle porte, l’autunno della Raggi si avvicina a grandi passi. Per la sindaca di Roma, la fine dell’estate può rappresentare allo stesso tempo una grande opportunità e un grave pericolo. Un’opportunità, se – come ha sostenuto il suo sponsor Luigi Di Maio in una recente intervista – i risultati del lavoro della sindaca «si inizieranno a percepire dal secondo anno del suo mandato».
Un pericolo, se al loro ritorno dalle vacanze i cittadini della capitale dovranno fare i conti con qualche evento disastroso, evento che fino ad ora è stato più volte sfiorato e sempre evitato. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra Atac, Ama, Acea. Ma potrebbero essere le strade piene di buche, i tombini ostruiti da migliaia di foglie che nessuno ha raccolto prima delle piogge, le fontane e i monumenti lasciati in balia dei vandali e i filmati delle videocamere di sorveglianza che non vengono visionati.
Andiamo con ordine. L’Atac è al collasso, sepolta dai debiti, dall’inefficienza e dall’incapacità ormai evidente di assicurare ai cittadini un minimo di trasporto pubblico. La recente maximulta annunciata dall’Antitrust per i “disservizi ai pendolari” e i decreti ingiuntivi dei fornitori che non vengono pagati da mesi stanno lì a dimostrare che un altro rinvio del fallimento non è possibile.
Ma anche questa volta il Campidoglio fa muro. Il problema è che con la riapertura dei negozi, delle scuole e degli uffici non sarà più possibile tirare a campare chiudendo (come hanno fatto ad agosto e fino a 3 settembre) 7 fermate di metropolitana per lavori genericamente liquidati come “collegamento tra metro A e C”.
L’Ama e i rifiuti rappresentano l’altra grande emergenza. La raccolta differenziata non funziona. In barba ai continui annunci del Campidoglio, che sbandiera l’obiettivo del 70 per cento, è parecchio lontana da questo ambizioso traguardo. Anzi, secondo i dati ufficiali, è praticamente ferma da due anni con una percentuale poco sopra il 40 per cento.
Poi c’è la bomba della siccità, disinnescata ad agosto da un giudice che ha ridimensionato i limiti di prelievo dell’acqua del lago di Bracciano. La Raggi se l’è venduta come una sua vittoria contro il presidente della Regione Lazio Zingaretti che aveva ingaggiato il braccio di ferro con l’Acea, società controllata al 51% dal Comune di Roma. Vittoria di Pirro, perché la siccità c’è ancora, il livello del lago di Bracciano continua a scendere e in autunno il razionamento dell’acqua a Roma e dintorni potrebbe diventare una misura inevitabile.
A questo punto resta da vedere se avrà ragione Di Maio e i risultati del lavoro della sindaca «si inizieranno a percepire dal secondo anno del suo mandato». Oppure se avranno ragione gli oppositori, quelli che accusano il Campidoglio di lassismo, inazione, incapacità. C’è poi l’incognita del “fattore C”. Già, perché fino ad oggi nonostante “inazione”, “incapacità” e i feroci contrasti all’interno della maggioranza grillina, Virginia Raggi è stata fortunata.
Il fuoco che ha colpito decine di autobus vecchi e senza manutenzione non ha fatto vittime. I rifiuti abbandonati per giorni e giorni in strada non hanno provocato epidemie. Le strade piene di buche non sono finite in prima pagina per gravi incidenti con morti e feriti. Il “fattore C”, appunto. Ma è chiaro che il “culo” da solo non può essere sufficiente a salvare chi è stato votato in massa per governare una grande città (che poi è anche la capitale del Paese) e continua a dimostrare di non esserne capace.
F. Sa.