Braccio di ferro sul debito
tra Biden e McCarthy

«Abbiamo fatto il nostro compito…il presidente non ci può più ignorare. Adesso dovrebbe incontrarci e negoziare». Così Kevin McCarthy, speaker della Camera, subito dopo la sua vittoria nel fare approvare il nuovo disegno di legge “Limit, Save, Grow Act” (Atto di limiti, risparmi e crescita). Una vittoria per McCarthy ma soprattutto per il Freedom Caucus, l’ala di estrema destra del Partito Repubblicano, che ha mostrato di nuovo i muscoli come aveva fatto nell’elezione a speaker, costringendo McCarthy a 15 umilianti votazioni per ottenere la leadership della Camera.

McCarthy, Kevin McCarthy

Kevin McCarthy

Il disegno di legge approvato solo con i voti repubblicani (217-215) congelerebbe le spese ai livelli del 2022 generando 130 miliardi di risparmi. Secondo il non partisan Congressional Budget Office ridurrebbe le spese di 4.800 miliardi di dollari in dieci anni. Non toccherebbe il 90 per cento del bilancio che include principalmente la difesa, il Social Security e il Medicare, vacche sacre i cui tagli potrebbero essere pericolosi alle elezioni. Riflette il 22 per cento di riduzioni alla sicurezza al confine, all’Fbi, al controllo del traffico aereo, alle autostrade, ai programmi dell’agricoltura, ai social card, al Medicaid (sanità per i poveri), ai parchi nazionali e ai servizi ai veterani. Include l’innalzamento del tetto al debito di 1.500 miliardi di dollari per un anno.

L’innalzamento del debito è indispensabile perché senza questa approvazione il governo non avrebbe abbastanza soldi per pagare i suoi debiti. Questo è difatti il nodo da sciogliere. Si stima che all’inizio di giugno il governo non avrà abbastanza denaro per affrontare i debiti e si teme che il default affonderebbe l’economia americana e ovviamente anche i mercati internazionali. L’acrimonia fra democratici e repubblicani nel 2011 causò l’abbassamento del rating statunitense da AAA a AA+. Esiste apprensione perché il mancato innalzamento al tetto del debito avrebbe anche effetti sulla Borsa con effetti potenzialmente disastrosi anche per i grandi e medi investitori. Si potrebbe ripetere il crollo di Wall Street avvenuto nel 2011 segnalando agli investitori che comprare buoni del Tesoro americano non è completamente sicuro. Si prevedono perdite al valore delle pensioni investite nella Borsa oltre che una chiusura temporanea dei servizi governativi non essenziali.

McCarthy, Wall Street

Wall Street

Il piano di McCarthy è quello di spaventare Biden e i democratici con il ricatto di creare un caos economico, sperando che l’americano medio affibbi la colpa alla Casa Bianca. In effetti, i repubblicani stanno cercando di segnare gol politici con poca preoccupazione dei danni che farebbero all’economia. McCarthy sa benissimo che il disegno di legge approvato sul debito non diventerà mai legge perché al Senato richiederebbe 60 voti e con la maggioranza democratica nella Camera Alta (51-49) non sarà mai approvato. Se per qualche miracolo ciò dovesse avvenire Biden ha la penna pronta per imporre il suo veto. Ci sarebbe anche una scappatoia inclusa nel 14esimo emendamento, adottato durante la Guerra Civile (1861-65). Include una clausola che permetterebbe al presidente di autorizzare nuovi prestiti per pagare i debiti del governo.

McCarthy intende però costringere la Casa Bianca a negoziare per tentare di estrarre concessioni al presidente apportando tagli alle spese. Biden da parte sua ha indicato che sarebbe ben lieto di incontrarsi con McCarthy ma l’innalzamento del debito deve avvenire da solo. Difatti Biden ha invitato proprio in questi giorni McCarthy, Hakeem Jeffries, leader della minoranza alla Camera, Chuck Schumer, Mitch McConnell, presidente e leader del Senato rispettivamente, per negoziare. Gli altri aspetti del bilancio per Biden si potranno considerare ma senza legarli all’innalzamento del debito. L’attuale inquilino della Casa Bianca ricorda benissimo che nel 2011 il suo capo Barack Obama cercò di negoziare e fu costretto a fare concessioni ai repubblicani. Biden però si trova in una situazione vantaggiosa in confronto ad Obama nel 2011. I repubblicani con John Boehner, l’allora speaker, controllavano la Camera con un’ampia maggioranza (242 a 193). McCarthy invece ha una maggioranza ristretta (222 vs. 212) e deve fare i conti con il bellicoso Freedom Caucus.

Joe Biden

La vittoria nella Camera di McCarthy non aiuta il Paese ma fa il gioco degli ultraconservatori del Partito Repubblicano il cui scopo non è quello di governare ma fare campagna politica. Non sono però in un’ottima situazione poiché, a differenza dei democratici, non sono uniti. Persino una manciata di ribelli può deragliare l’agenda di McCarthy. L’approvazione del disegno di legge sul bilancio però è utile perché mette a nudo i loro valori. I tagli del disegno di legge colpiscono in grande misura i poveri ma anche il Dipartimento degli Affari per Veterani che vedrebbe il loro bilancio tagliato del 22 percento. Ecco perché una ventina di gruppi di veterani ha alzato la voce mandando una lettera a McCarthy asserendo che i tagli sarebbero disastrosi per quegli individui che hanno servito il Paese. I repubblicani si dichiarano spesso pro esercito ma poi quando i soldati tornano a casa i loro sacrifici sono “ricompensati” con tagli ai programmi che cercano di reintegrarli e iniziare la loro nuova vita nella società civile.

Il ministro del Tesoro Janet Yellen ha spiegato che un default del debito pubblico sarebbe disastroso per l’economia americana. La Yellen ha ricordato che dal 1789 gli Stati Uniti hanno sempre pagato i loro debiti. Il primo giugno, data del probabile default, non è lontano e alla fine una soluzione si troverà. Cederà McCarthy o sarà Biden ad offrire qualche concessione? Il primo rischia grosso poiché in caso di sconfitta potrebbe avere una rivoluzione alla Camera e il Freedom Caucus potrebbe cacciarlo come avvenne nel caso di Boehner, il quale fu costretto a dimettersi da speaker nel 2015. Biden ha il suo posto assicurato per altri 18 mesi e forse anche altri quattro anni in caso di rielezione nel 2024.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.