A Roma il Cristo
perduto di Vasari

Alcune, rare volte, si recuperano i capolavori perduti nei meandri della storia. È il caso de Il Cristo portacroce di Giorgio Vasari. Il quadro è stato ritrovato quasi per caso e grazie alla competenza e alla tenacia di Carlo Falciani. Ora il dipinto è esposto per la prima volta al pubblico fino al 30 giugno nella Galleria Corsini a Roma, via della Lungara n.10.

Vasari, Il Cristo portacroce di Giorgio Vasari

Il Cristo portacroce di Giorgio Vasari

Il Cristo portacroce è apparso ad un’asta ad Hartford negli Stati Uniti e Falciani lo ha riconosciuto grazie anche alla registrazione fatta nelle sue Ricordanze dallo stesso Vasari: «Ricordo come a dì XX di maggio 1553 Messer Bindo Altoviti ebbe un quadro di braccia uno e mezzo drentovi una figura dal mezzo in su grande, un Cristo che portava la Croce che valeva scudi quindici d’oro».

Giorgio Vasari, nato ad Arezzo e vissuto tra Roma e Firenze, è tra i principali pittori del Cinquecento. Ha avuto una vita intensa e multiforme da vero umanista: fu pittore, architetto e storiografo. Progettò, tra tante opere di rilievo, i famosi Uffizi a Firenze e Villa Giulia a Roma per papa Giulio III. Nel 1553, mentre lavorava a Roma per il pontefice, creò Il Cristo portacroce, un capolavoro commissionatogli dall’umanista e banchiere fiorentino Bindo Altoviti «che valeva scudi quindici d’oro», come precisò lo stesso artista aretino. I rapporti tra i due erano buoni, tanto che Vasari alloggiò e affrescò il palazzo di Bindo Altoviti vicino al ponte di Castel Sant’Angelo, nell’allora capitale dello Stato della Chiesa.

L’artista definì il potente banchiere «cordialissimo messer Bindo». Il legame era stretto, ma alla fine, ognuno seguì i propri interessi e la sua strada. Bindo Altoviti era un acerrimo nemico dei signori di Firenze, la famiglia de’ Medici: fu condannato in contumacia da Cosimo I e morì a Roma nel 1556. Vasari, invece, tornò a Firenze proprio al servizio del Granduca Cosimo I e morì nella città dei Medici nel 1574.

Il Cristo portacroce nel 1600 passò ai Savoia, poi, probabilmente finì in Francia. Se ne persero le tracce fino alla riscoperta realizzata da Falciani, studioso dell’arte e delle opere di Vasari.

Grazie alla generosità dei proprietari adesso, precisa un comunicato stampa, si può ammirare nell’esposizione organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, nella sede di Galleria Corsini. Il dipinto costituisce uno dei vertici della produzione dell’artista aretino e uno degli ultimi dipinti realizzati a Roma prima della sua partenza per Firenze. In occasione della mostra è previsto un ciclo di conferenze sull’opera esposta e la figura dell’artista. Sarà inoltre pubblicato un catalogo (editore Officina Libraria) a cura di Barbara Agosti e Carlo Falciani.