“Capitale corrotta=nazione infetta” è una famosa copertina de l’Espresso. Correva l’anno 1955 e il settimanale lanciava con questo titolo un reportage di Manlio Cancogni sui mali di Roma che all’epoca era devastata dalla speculazione edilizia. Sessantatrè anni dopo, il grande problema della “città eterna” è il degrado, una situazione di incuria e di abbandono che l’ha fatta scivolare all’ottantacinquesimo posto nell’ultima classifica della qualità della vita nel nostro Paese appena pubblicata da Italia Oggi.
Un arretramento di 18 posti rispetto all’anno scorso. Un tonfo. Con buona pace della sindaca Raggi e dei suoi supporter che, subito dopo l’assoluzione dall’accusa di falso per le nomine in Comune, si sono radunati in piazza del Campidoglio urlando contro i giornalisti “bugiardi”. A questo punto Virginia è scesa in piazza commossa per ringraziare personalmente i manifestanti: «Senza il vostro supporto e il vostro sostegno, sarebbe difficile. Lo so benissimo e sono qui per ringraziarvi non solo a nome mio, ma a nome di tutti i presidenti, dei consiglieri di municipio, degli assessori. Abbiamo preso un impegno in campagna elettorale che è quello di dare una svolta a questa città ed è quello che stiamo facendo…».
Il problema è che di tutto questo gran lavoro dell’amministrazione Cinquestelle (per dare “una svolta alla città”) non c’è traccia. Le strade continuano ad essere piene di buche, i marciapiedi a traboccare di rifiuti, gli alberi a cadere appena il vento prende a soffiare più forte, l’Atac continua a segnalarsi soprattutto per i disservizi e via di questo passo.
Ma per onestà bisogna anche dire che se Roma è diventata indegna di una capitale occidentale non è tutta colpa di chi guida il Campidoglio. Intanto perché la maggioranza Cinquestelle può dormire tranquilla senza dover fare i conti con un’opposizione che non dà segni di vita. Alzi la mano chi in questi due anni e mezzo di giunta Raggi ricorda uno scontro, una battaglia, un muro contro muro in consiglio comunale.
E poi ci sono i romani (di ogni classe di appartenenza) che sembrano in gran parte rassegnati al declino. Non denunciano, non si ribellano nemmeno quando sono costretti ad aspettare 40 minuti un autobus, dopo essere usciti di casa facendo lo slalom tra maleodoranti sacchetti di plastica caduti dai cassonetti. Con una sola eccezione: la protesta al di fuori dei partiti organizzata in piazza del Campidoglio.
Un esempio di questa rassegnazione sono le tre porte d’accesso alla capitale: la stazione Termini e gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino. Se devi prendere un taxi, capita (spesso) d’imbattersi in un tassista che prova a non rispettare la tariffa. Negli aeroporti il caso è addirittura clamoroso, perché sugli sportelli di tutti i taxi c’è il prezzo (fisso) della corsa urbana dentro e fuori dalle Mura Aureliane.
In teoria chi viene beccato rischia la sospensione della licenza e, se recidivo, la revoca. Ma evidentemente i controlli non funzionano, perché il traffico (specialmente a Ciampino) continua indisturbato. Eppure basterebbero qualche telecamera e qualche pattuglia di vigili per scoraggiare le truffe e per evitare che la capitale si presenti subito per quello che è diventata.