Spagna, patrimonio
di Franco nel mirino
del governo socialista

In Europa c’è un governo che non si rassegna alla politica dei tweet. È il governo spagnolo del socialista Pedro Sánchez, arrivato alla Moncloa a giugno di quest’anno, dopo aver sfiduciato con una mozione in Parlamento il centrodestra di Mariano Rajoy.

Sànchez, Pedro Sànchez

Pedro Sànchez

Nonostante la debolezza del suo esecutivo, Sánchez ha dimostrato subito di non volersi accontentare di un po’ di propaganda elettorale per cercare di conquistare una vera maggioranza alle prossime politiche. Dopo aver aperto agli immigrati rifiutati da Salvini, ha deciso di affrontare subito una grande questione politica interna, quella della riconciliazione nazionale. Già, perché a quasi 80 anni dalla fine della guerra civile e dall’inizio della dittatura franchista, la Spagna non ha mai voluto sciogliere questo nodo. Con il risultato che il suo passato è ancora tabù, nonostante i 40 anni trascorsi dalla “transizione” democratica che fu concordata nel 1977 (dopo la morte di Francisco Franco) tra le forze politiche di destra e di sinistra.

Un intero Paese colpito da una specie di “amnesia collettiva” che ha portato alla rimozione della dittatura e degli orrori d’una guerra civile con più di un milione di morti. Una guerra in cui per tre lunghi anni (1936-1939) si consumò il primo, feroce, scontro armato tra fascismo e antifascismo.

Adesso Sánchez ha deciso di avviare la resa di quell’antico conto mai saldato. E, per prima cosa, ha deciso la rimozione dei resti di Franco dalla Valle dei Caduti. Un atto simbolico che sta dividendo l’opinione pubblica spagnola. Secondo un recente sondaggio, la maggioranza del Paese è favorevole all’esumazione del dittatore ma non è d’accordo sull’opportunità di farla adesso, perché ci sono problemi molto più importanti da affrontare e risolvere.

Francisco Franco

Ma il nuovo premier socialista che ha 45 anni, e quindi appartiene a una generazione politica che non ha ricordi personali della dittatura, non ha esitato ad affrontare il problema della memoria collettiva. E le prime reazioni sembrano dargli ragione. Gli scaffali delle librerie si stanno riempiendo di nuove opere sul franchismo, e sulla transizione politica negoziata tra franchisti e opposizione di sinistra.

Spingendo la Spagna a voltarsi indietro il governo Sánchez fa una grande operazione politica. La tesi di partenza è che il patto con gli eredi del dittatore avrebbe impedito sia di rendere giustizia a tante vittime innocenti della guerra civile sia di fare piena luce su quaranta anni di dittatura. Perché come scrisse lo storico Perez Ledesma «Dire che Franco era irresoluto nelle operazioni militari o molto prudente nella sostituzione dei ministri è solo a una parte della verità. C’è una cosa in cui non fu mai indeciso: firmare sentenze di morte…».

Naturalmente la resa dei conti avviata dalla Moncloa è stata subito contrastata dalla famiglia del dittatore. Ma i discendenti del “Generalissimo” adesso devono prepararsi a combattere un’altra battaglia, molto più dura: la salvaguardia del loro patrimonio miliardario.

A metà settembre, in Galizia, la regione di Franco, una forza politica della sinistra locale ha presentato a Madrid la proposta di una commissione per investigare sul patrimonio dei Franco. La richiesta è stata approvata dai deputati e il patrimonio del “caudilho” è finito nell’agenda politica del governo che adesso aprirà il confronto sulle richieste di restituzione all’uso pubblico di palazzi, opere d’arte e residenze, avanzate da alcune località spagnole.