Con la casa inagibile per una ristrutturazione, in pieno agosto finisco per un paio di settimane a San Lorenzo. Giro per le strade assolate, sporche e disselciate con un caldo che alle 10 del mattino è già insopportabile. C’è poco da vedere. Serrande abbassate, poche auto, pochissimi pedoni. Tutto chiuso. Anche i banchi del mercato nella piazza principale, proprio accanto alla chiesa che sembra spettrale. Non è il classico deserto di Ferragosto, non è lo svuotamento determinato dalle ferie estive.
![San Lorenzo, un negozio chiuso](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2018/08/PHOTO-2018-08-12-09-01-32-002-225x300.jpg)
Un negozio di San Lorenzo
Quello che vedo attorno a me è qualcosa di più. Sto passeggiando in una zona popolare a ridosso delle mura aureliane e a due passi dalla stazione Termini. Un’area semicentrale che è stata trasformata in un gigantesco residence per gli studenti universitari della vicina Sapienza. Un’area che ha perduto i suoi abitanti e la vecchia identità costruita dai manovali, dagli operai e dagli artigiani arrivati a Roma ai primi del Novecento per lavorare allo sviluppo urbanistico della giovane capitale del Regno d’Italia.
Poi, qualche anno fa è partita la speculazione. Una speculazione stracciona fatta dai proprietari che hanno sfrattato i vecchi inquilini per affittare agli studenti della vicina università.
Spiega un edicolante che vive da una trentina d’anni a San Lorenzo: «Hanno svuotato interi palazzi sfrattando gli inquilini. Tutti, compresi vecchi e malati. Poi hanno tirato su qualche parete di gesso per ricavarne stanze da affittare a studenti. Quasi sempre senza autorizzazioni e senza controlli. Il risultato è che adesso il 20 luglio questo vecchio quartiere chiude insieme alla Sapienza, per riaprire ai primi di settembre».
![](https://www.sfogliaroma.it/wp-content/uploads/2018/08/mercato-San-Lorenzojpg-300x225.jpg)
Il mercato chiuso di San Lorenzo
Ricordo San Lorenzo negli anni Ottanta, quando conservava ancora parte della sua identità. All’epoca lavoravo a “Repubblica” nella vecchia sede di Piazza Indipendenza che sta a due passi. D’estate, all’uscita dal giornale, venivo spesso qui a mangiare o a bere qualcosa con amici e colleghi.
Era piacevole. C’era un’aria di paese che non trovavi più in nessun’altra parte della città. Esistevano ancora le latterie e tanti “vini e oli” che però si stavano trasformando in “vini e cucina”. In genere si mangiava su tovaglie di carta o su quelle a quadretti tipiche delle antiche trattorie romane.
Se diventavi un cliente, finivi spesso per diventare uno di famiglia. Chiacchieravi con i proprietari e conoscevi le loro storie. Per noi clienti abituali poteva capitare perfino di essere chiamati a fare da pacieri tra Romoletto (uno dei nostri osti preferiti) e suo figlio che non smettevano mai di litigare sulla conduzione della trattoria.
Spesso, quando si era fatto tardi Romoletto o il figlio (mai insieme) si sedeva al nostro tavolo per bere l’ultimo bicchiere. Se era in vena raccontava qualcosa della vita del quartiere, un aneddoto su un cliente o su un concorrente. Sì, era piacevole quando a San Lorenzo respiravi quell’aria che aveva conservato anche dopo il bombardamento del 19 luglio 1943, quando gli “alleati americani” per distruggere i binari dello “scalo merci” di San Lorenzo sganciarono quattromila bombe provocando tremila morti.
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