Signorile: “Mani strane”
sull’omicidio Moro

Aldo Moro si poteva salvare. Claudio Signorile, in una intervista pubblicata dall’Avantionline e firmata da Giulia Clarizia, racconta: «Noi siamo arrivati realmente a un passo dalla possibile soluzione». Invece le Brigate Rosse 40 anni fa assassinarono il presidente della Dc. Il 16 marzo 1978 Moro fu rapito e i cinque agenti della scorta sterminati dallo spietato commando brigatista in via Fani sotto «una geometrica potenza di fuoco», come scrissero allora i giornali. Dodici terroristi rossi parteciparono all’agguato: la Fiat 130 di Moro e l’Alfetta della scorta furono crivellate dal fuoco dei mitra, sul selciato si contarono 98 bossoli. Seguirono 55 giorni drammatici e plumbei fino al 9 maggio, quando fu ucciso lo statista democristiano.

Aldo Moro, ritrovamento

Il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani

In quei giorni a Roma si viveva in un clima di paura. C’erano posti di blocco della polizia e dei carabinieri quasi ad ogni incrocio, perlustrazioni e perquisizioni continue nelle strade e nelle case con l’obiettivo di trovare e salvare l’ostaggio. Ma la prigione, le prigioni, nelle quali era rinchiuso ed interrogato Moro dai terroristi furono sfiorate ma non trovate. Fu invece trovato il cadavere del presidente della Dc. Una terribile telefonata delle Br indicò il sepolcro temporaneo dello statista democristiano: una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, nel pieno centro di Roma, una strada a pochi passi da piazza del Gesù (la sede della Dc) e da via Botteghe Oscure (la direzione del Pci).

I brigatisti Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli

La scelta fu di un grande simbolismo politico. Moro era l’artefice della “strategia dell’attenzione” verso il Pci, verso la politica del compromesso storico proposta da Enrico Berlinguer. Stava conducendo la Dc in un passaggio politico difficile, l’alleanza con il Pci. Era una fase delicata come quella all’inizio degli anni Sessanta quando pilotò, assieme ad Amintore Fanfani, l’apertura al Psi di Pietro Nenni. Nessuna subalternità politica alla sinistra. Moro cercava di allargare la democrazia italiana e, contemporaneamente, di rafforzare l’egemonia politica democristiana cambiando ed ampliando le alleanze. Il 16 marzo 1978, quando fu rapito, Moro stava andando alla Camera per votare la fiducia al governo monocolore scudocrociato presieduto da Giulio Andreotti e sostenuto da una maggioranza di unità nazionale.

Signorile visse quella vicenda tragica in prima persona: con Bettino Craxi cercò di salvare la vita a Moro, sollecitando una iniziativa umanitaria dello Stato italiano attraverso il governo. Tutte le mattine Signorile, vice segretario del Psi, e Craxi, segretario del partito, si incontravano per fare il punto nella direzione socialista di via del Corso. Ma passavano i giorni senza alcun risultato e commentavano sconsolati: «Ma questi non stanno facendo nulla». Segretario e vice segretario socialisti erano critici con le indagini e l’azione del ministro dell’Interno Francesco Cossiga: «Smettetela con le semplici iniziative di parata».

Pietro Ingrao, Giovanni Leone, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti e Virginio Rognoni alla messa funebre per Aldo Moro

La Dc, il Pci e i partiti laici erano per la cosiddetta “linea della fermezza”: nessuna trattativa con le Br. Anche il Psi era contrario al negoziato, ma proponeva una iniziativa autonoma del governo per salvare la vita a Moro. Il Psi si era mobilitato in solitudine. Signorile racconta: «No, non ci sono mai state trattative. Al massimo segnali di fumo. Noi li mandavamo e li ricevevamo attraverso Franco Piperno e Lanfranco Pace, due figure dell’area dell’Autonomia che in qualche maniera si adoperavano».

Alla fine sembrarono arrivare dei segnali di speranza. Amintore Fanfani si stava convincendo sulla validità della scelta di una iniziativa umanitaria e quella strada avrebbe potuto diventare maggioranza nella riunione della direzione della Dc: «Fino alla mattina, mentre ero nell’ufficio di Cossiga in attesa dell’inizio della direzione democristiana, ci giunsero segnali che inducevano a essere se non proprio fiduciosi, almeno speranzosi». Invece arrivò nel bagagliaio della Renault 4 il cadavere di Moro, ucciso a 61 anni.

Aldo Moro

L’obiettivo indicato dal Psi era di inserirsi nelle divisioni interne alle Br, nei contrasti aperti tra “il partito politico” e “il partito militare” per favorire la liberazione dell’ex segretario della Dc ed ex presidente del Consiglio. Cosa accadde nelle Br? Perché le speranze sfumarono e Moro fu ucciso? Signorile dice che ebbe «l’impressione che il ‘bastone del comando’ fosse già passato in mani strane con la conseguenza che la morte di Moro era diventata un processo irreversibile. Però questa è un’ipotesi».

L’assassinio di Aldo Moro fu un colpo diretto contro la politica di solidarietà nazionale tra la Dc e il Pci, tuttavia il rapimento dello statista scudocrociato, per reazione, portò immediatamente alla nascita di un governo Andreotti sostenuto dal voto di fiducia di una maggioranza parlamentare di unità nazionale comprendente anche i comunisti, la prima dopo il 1947. Ancora rimangono parecchi punti oscuri su questa tragica vicenda che fece tremare le fondamenta della Prima Repubblica. Signorile, in particolare, parla di “mani strane” sul sequestro e l’omicidio di Moro.

R.Ru.