Ostia al M5S ma è
vittoria dimezzata

Tutto come previsto. Giuliana Di Pillo, la candidata Cinquestelle, ha vinto il ballottaggio di Ostia battendo Monica Picca, messa in campo dal centrodestra. Ma quello che colpisce di più è l’astensionismo. Domenica 20 novembre nel X Municipio della capitale ha votato il 33 per cento degli elettori. Tre punti in meno rispetto al primo turno, e senza nemmeno l’alibi della pioggia che quindici giorni prima aveva tenuto molti lontano dai seggi.

Ostia al M5S, il X Municipio

La sede del X Municipio ad Ostia

Il record di astenuti dovrebbe spingere le forze politiche ad interrogarsi sulle ragioni del distacco dalla politica, della crescente sfiducia dei cittadini che non credono più alle promesse elettorali. Quello di Ostia è uno tzunami che ha investito tutti, a cominciare dal Movimento di Grillo e Casaleggio. Eppure, la raggiana Di Pillo, appena eletta, ha pensato bene di avventurarsi in una dichiarazione a caldo che ha dell’incredibile: «L’effetto Raggi c’è ed è positivo». Concetto ribadito su twitter dal candidato premier Luigi Di Maio.

Nemmeno un accenno ai 34 mila voti perduti in meno di due anni. Già, perché a giugno del 2016, al ballottaggio per il Campidoglio, gli elettori di Ostia votarono in massa per Virginia Raggi, dandole 69 mila voti. Il 19 novembre 2017 la candidata della sindaca alla presidenza del X municipio ne ha incassati 35 mila. La metà. Se le cose stanno così, “l’effetto Raggi” sul litorale romano c’è stato eccome. Ma non è stato “positivo”.

Anche qui, tutto come previsto. Venerdì 17 novembre, alla chiusura della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle a Ostia, in piazza c’erano appena 200 persone. Un flop, come aveva ammesso Alessandro Di Battista, la star pentastellata presente sul palco per sostenere Giuliana Di Pillo: «Speravo in più persone». E poi, in un soprassalto di onestà (politica): «L’astensionismo è un problema ed è vero che colpisce più il M5S».

Luigi Di Maio

La diserzione degli elettori, in un territorio degradato, abbandonato e infiltrato dalla criminalità organizzata, si spiega comunque anche con una campagna elettorale tutta mediatica. Interamente giocata sulle manifestazioni antimafia organizzate dopo il “caso Spada”: l’arresto d’un rappresentante della “famiglia” ripreso dalle telecamere mentre con una capocciata spaccava il naso all’inviato di una trasmissione Rai.

C’è stata la manifestazione organizzata dalla sindaca Raggi che non perdeva occasione per sottolineare i legami di Casapound con gli Spada. E, a seguire, la manifestazione organizzata dalla Federazione nazionale della stampa e dall’immancabile Don Ciotti contro la mafia e a sostegno della “libertà d’informazione”.

E i problemi di Ostia? Dimenticati. Nemmeno una parola sulle strade che si allagano ogni volta che piove. Sul lungomare abbandonato con gli stabilimenti liberty in rovina. Nemmeno una proposta degna di questo nome per il risanamento dell’area.

Alessandro Di Battista

Per avere un’idea delle condizioni in cui versa Ostia, che non è solo il Lido di Roma, ma la dodicesima città italiana per numero di abitanti, basta leggere il bel reportage pubblicato, poco prima del ballottaggio, dalla Stampa, quotidiano di Torino. Scrive Mattia Feltri: «Doveva chiamarsi Via dell’Impero, nei progetti di Benito Mussolini, che volle fare di Ostia il mare di Roma. Verso nord, sul lungomare, si vedono i primi edifici liberty, elegantissimi, alcuni sbrecciati, altri abbandonati con le finestre aperte e il cartello vendesi scolorito…. Ostia poteva essere, una meraviglia, e non lo è. Qui ci sono centri commerciali in cemento e vetro, condomini anni Sessanta o Settanta color mattone, uno via l’altro, che intristiscono e si insudiciano più si va nell’entroterra…».

C’è altro da aggiungere?  Vale solo la pena di ricordare che Ostia è un quartiere di Roma, che la sua autonomia è relativa, e che dipende in gran parte dalle decisioni del Campidoglio. E, vista la situazione indegna in cui versa la capitale dopo oltre un anno e mezzo di “cura” Raggi, gli abitanti di Ostia possono ragionevolmente sperare in un’inversione di tendenza? Nel recupero e nel riordino del loro territorio? La risposta l’hanno data gli oltre centomila astenuti, a cominciare da quei 34 mila elettori che al ballottaggio di domenica 19 novembre hanno voltato le spalle a Cinquestelle.