Ryanair in crisi, legge
del contrappasso

Arrogante, spregiudicato e cinico, Michael Kevin O’Leary, in poco più di 20 anni alla guida di Ryanair, che ha trasformato nella più grande low cost del mondo, è diventato un simbolo. Anzi, “il simbolo” del capitalismo selvaggio, di quell’imprenditoria che mette in cima a tutto il taglio dei costi. A cominciare dal personale. Senza alcun rispetto di regole, contratti, diritti e senza nessuna considerazione della dignità dei dipendenti.

Michael Kevin O'Leary

Michael Kevin O’Leary

Famose le sue sparate contro i sindacati: «Ghiaccerà l’inferno prima che nella mia azienda mettano piede i sindacati». E così quando nel 2016 Ryanair fu convocata dal nostro ministero dei Trasporti per discutere sulla tutela delle maternità, scrisse una lettera annunciando che «non si sarebbe presentata al tavolo perché non riconosceva le organizzazioni sindacali».

D’altra parte, quando lo studente di un Master in Business Administration, gli aveva chiesto come fare a mantenere i dipendenti felici e motivati, O’Leary aveva sintetizzato la sua filosofia in una risposta brutale: «Semplice, con la paura».

Il problema è che adesso ad aver paura è lui, perché in una vera e propria legge del contrappasso i piloti lo stanno ripagando della stessa moneta. Una fuga di massa che ha costretto la low cost irlandese a tagliare migliaia di voli da qui a marzo dell’anno prossimo. Con tutti i rischi legati a rimborsi per almeno 25 milioni di euro. Senza considerare le spese per gli avvocati in seguito alle richieste di danni annunciate da centinaia di associazioni di consumatori. La crisi, ricca d’incognite, sta scuotendo l’azienda dalle fondamenta fino a mettere in forse il modello di capitalismo selvaggio su cui ha costruito la propria fortuna.

Banco informazioni di Aeroporti di Roma

Banco informazioni di Aeroporti di Roma

Se O’Leary per 23 anni ha potuto prendere tutti a calci in nome del libero mercato, adesso è quello stesso mercato a rivoltarglisi contro. Perché il boom del trasporto aereo mondiale ha portato con sé una richiesta mai vista di piloti e decine di compagnie stanno pescando tra gli scontenti di Ryanair, offrendo condizioni largamente migliori e soprattutto regolari contratti di lavoro. Con tutti i diritti: contributi, ferie e riposi pagati.

Perciò quando il boss irlandese ha cercato di tamponare la falla offrendo un bonus di 12 mila euro a chi si impegnava a restare per un anno si è sentito rispondere che il bonus non bastava perché i piloti adesso vogliono un regolare contratto di lavoro.

Come racconta un ex comandante Ryanair, oggi la situazione è questa: «Negli Emirati Arabi offrono fino a 14mila dollari al mese, in Cina 30mila. In Ryanair prendi molto meno: 6-7mila euro i comandanti e 3-4mila gli ufficiali, mentre se sei “libero professionista” dipende dalle ore di volo che fai. Il caso più eclatante riguarda hostess e steward, che a volte prendono 400 euro al mese. Oltre a pagarti meglio, nelle altre compagnie ci sono i contributi previdenziali, i giorni di malattia e i benefit».
Tra l’altro, il 70 per cento dei piloti della low cost irlandese “lavora” a partita Iva, “assunto” da un’agenzia e pagato in base alle ore di volo effettuate. Racconta ancora il nostro pilota: «Chi non ha il contratto con Ryanair è un libero professionista e deve pagarsi le tasse da sé. Di fatto paghi ciò che dicono loro. È la società che ti dice cosa devi fare e non è detto che il Fisco sia d’accordo».

Boeing 737-800 della Ryanair

Boeing 737-800 della Ryanair

E adesso? Adesso che il vaso di Pandora è stato scoperto, O’ Leary rischia di pagare a caro prezzo la sua spregiudicata arroganza. In 23 anni da amministratore delegato e padre padrone di Ryanair non ha umiliato solo i dipendenti, ma ha fatto la voce grossa con tutti. Con le compagnie di bandiera, a cominciare da Alitalia, prese sempre a pesci in faccia. Con i piccoli aeroporti costretti a negoziare al ribasso i diritti di atterraggio e decollo. Con le amministrazioni locali che hanno dovuto versare milioni e milioni di euro come “contributo marketing” per evitare che la compagnia desse seguito alla minaccia di chiudere la base. Un capitolo delicatissimo perché a ben guardare si tratta di quegli “aiuti di Stato” che sono vietati dall’Unione europea. Per non parlare delle tasse che la low cost irlandese continua a pagare in Irlanda, dove le aliquote sono più basse di quelle dei paesi europei e dove Ryanair ha decine di basi.

F.Sa.