L’Estate Romana festeggia i 40 anni in sordina. Nel 1977 Roma fu segnata da due avvenimenti: vide nascere l’Estate Romana, l’invenzione del geniale Renato Nicolini, e scrutò lo spuntare degli Indiani Metropolitani, la costola creativa e dissacrante del Movimento rivoluzionario degli studenti e degli operai.
L’Estate Romana spiccò il volo dal Campidoglio, artefice Nicolini assessore alla Cultura; gli Indiani Metropolitani presero forma e nome alla facoltà di Lettere occupata dell’università La Sapienza. Uno studente in quegli anni turbolenti ha dato il clima di quel gruppo parlando di uno dei leader degli Indiani Metropolitani romani, ‘Beccofino’. Accadeva di tutto. Ha raccontato: quando ‘Beccofino’ interveniva «alle assemblee di Lettere sfoggiava un gladiolo ed invocava ‘il potere dromedario’ ed ‘il godimento studentesco’».
Però allora non predominava l’ironia e la goliardia, ma la paura e le pallottole. Autonomia Operaia predicava e praticava la violenza e le Brigate Rosse avevano cominciato a sparare per realizzare la rivoluzione. Erano i terribili Anni di Piombo, quelli del terrorismo di sinistra.
Nicolini, inventando l’Estate Romana, spezzò il clima di paura spingendo la gente ad uscire la sera per godere la città: cinema, teatri, concerti, musica, balli. C’erano i film nella Basilica di Massenzio, gli spettacoli nei parchi, i poeti che si esibivano a Castelporziano, attori di avanspettacolo usavano gli autobus come teatri. Recuperò alle manifestazioni Cinecittà e lo Stadio dei Marmi al Foro Italico, due strutture costruite dal fascismo. L’idea era di utilizzare i ruderi della Roma dei Cesari come sede di attività culturali, per portare i ragazzi delle periferie al di fuori dei propri ghetti. L’obiettivo era divertirsi in compagnia anche per una sola sera, per una sola notte.
Di qui il nome di “cultura dell’Effimero” e Nicolini fu definito il “re dell’Effimero”. Ma il suo regno non fu effimero, generò cultura e consapevolezza, s’ingrandì e divenne sempre più importante. Estate Romana, il successo di pubblico fu strepitoso, l’invenzione fu esportata in altre città italiane ed europee. Era l’epoca delle giunte di sinistra al Campidoglio. Nicolini fu assessore del comune di Roma alla Cultura dal 1976 al 1985. Fu chiamato all’incarico dal sindaco professore di storia dell’arte Giulio Carlo Argan, quindi da Luigi Petroselli e da Ugo Vetere. Lui architetto, professore universitario, comunista eterodosso, scatenò un uragano culturale, sociale, economico rivitalizzando la città eterna. Ma vinse contro i tabù, tanto da essere eletto deputato nelle liste del Pci.
Effervescente, simpatico, imprevedibile sembrava non prendere nulla sul serio, ma in testa aveva un’idea politica della cultura: «In fondo sono stati anni di gioco. Mi piaceva far sentire i giovani e gli abitanti delle periferie più degradate parti integranti della città. Così entravano nella Basilica di Massenzio da protagonisti e non da esclusi, come accadeva per l’Auditorium di Santa Cecilia». Raccontò perché si perdeva a Roma: «Non guido la macchina, giro molto a piedi ed è una città che sollecita il mio lato surrealista. Arrivo sempre tardi agli appuntamenti perché lungo il cammino trovo sempre qualcosa che mi incuriosisce».
Estate Romana 2017: dopo 40 anni, c’è ancora ma non suscita entusiasmi. Il sito internet del comune di Roma dice: «Fino al 30 settembre la 40° edizione dell’Estate Romana conquista l’intera città. In tutti i Municipi iniziative e appuntamenti accompagnano la bella stagione di chi vive e visita la Capitale». C’è un lungo elenco di film, concerti, musica, spettacoli teatrali, mostre, danza, visite guidate ai musei. Manca però un’idea forza, un filo conduttore che riesca a legare le molteplici iniziative. Sembra mancare un progetto culturale per rinnovare ed unire la città.
Eppure anche ora servirebbe un progetto culturale per accendere una luce nel buio di una città sbandata, attonita davanti a Mafia Capitale, angustiata per i rifiuti nelle strade e per gli autobus in perenne ritardo, incredula per gli incendi che divorano Castel Fusano e per il rischio del razionamento dell’acqua potabile di casa.
Ci manca l’Estate Romana di Nicolini e il suo genio scanzonato. Ci manca l’intellettuale stralunato morto nel 2012 a 70 anni. Fino all’ultimo non rinunciò alla cultura e alla politica, come quando si oppose alla costruzione di una discarica di rifiuti vicino a Villa Adriana, la residenza fuori Roma dell’imperatore filosofo amante dell’arte.
Adesso l’Estate Romana è sbiadita, ripetitiva, priva di una identità e di un progetto. Luca Bergamo, vice sindaco con la delega alla Crescita culturale nella giunta grillina di Virginia Raggi, cerca semplicemente di gestire la normale amministrazione. Certo è difficile avere un’Estate Romana che indichi un profilo culturale di società se la politica è in crisi. Il degrado che ha colpito la politica e i servizi pubblici capitolini sembra aver azzoppato anche l’Estate Romana. Del resto Virginia Raggi guida una giunta cinquestelle che, per dissensi politici o per guai giudiziari, perde pezzi continuamente. La stessa sindaca della capitale, del resto, è indagata per abuso d’ufficio e falso.
Tuttavia la crisi è più profonda, è generale. Lidia Ravera, scrittrice fuoriclasse, non riesce a fare molto meglio come assessora alla Cultura nella giunta di centrosinistra della regione Lazio. Nel 1976 sfondò a soli 25 anni scrivendo ‘Porci con le ali’, un libro simbolo della contestazione studentesca di quell’epoca. Ora però non riesce a lanciare un’idea originale come quella di Nicolini o a descrivere i fermenti in ebollizione nella società come fece in ‘Porci con le ali’. È un segno dei tempi. Non può nascere un altro “re dell’Effimero” se manca l’humus culturale e politico.