Alitalia, prestito
già ipotecato

L’annuncio per la vendita dell’Alitalia è stato pubblicato. Chi è interessato alla nostra ex compagnia di bandiera ha tempo fino a venerdì 5 giugno per presentare la propria “manifestazione d’interesse”. Ma questo è solo l’inizio della procedura affidata ai tre commissari straordinari incaricati della cessione. Poi i potenziali acquirenti dovranno presentare un piano, un’offerta, e via di seguito.

Aereo Alitalia

Aereo Alitalia

Allo stato delle cose, sembra difficile che l’operazione possa andare in porto entro i sei mesi previsti. E siccome il prestito ponte concesso dallo Stato permetterà di volare sì e no fino a dicembre 2017, quasi certamente sarà necessaria una nuova iniezione di danaro pubblico.

E se è vero che i commissari (nel corso di un’audizione parlamentare) hanno insistito molto sulla riduzione dei costi aziendali (dai contratti di leasing al carburante), è anche vero che i conti sono impietosi. La compagnia ha un indebitamento di tre miliardi e nel primo trimestre ha perduto altri 200 milioni. La prima tranche del prestito ponte è stata di 240 milioni, ma 118 se ne sono andati subito per il deposito di garanzia chiesto dalla Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo.

In una situazione del genere, è evidente che l’Alitalia, bando o non bando, non può suscitare interesse. Per diventare appetibile, ha bisogno prima di una profonda ristrutturazione. Tutto dipende dal piano industriale che i commissari dovrebbero presentare a luglio. Solo allora sapremo se l’azienda smetterà di essere un colabrodo che perde un paio di milioni al giorno. Come ha continuato a fare nonostante la privatizzazione del 2008. Prima con la gestione della cordata patriottica voluta da Berlusconi e poi con Etihad, che non a caso dopo due anni e mezzo ha gettato la spugna.

Paolo Gentiloni

Paolo Gentiloni

Il nodo è quello che non sono riusciti a sciogliere gli uomini dell’emiro di Abu Dhabi: la debolezza sul lungo raggio. I troppi voli a breve e medio raggio e le poche destinazioni internazionali, quelle che rendono. La risposta di Etihad fu l’aggiunta di due aerei e un piccolo taglio ai collegamenti nazionali. E si è visto come è andata a finire. Adesso tocca ai commissari, che dovranno usare tutti i poteri concessi loro dalla legge sull’amministrazione straordinaria delle aziende.

Quanto ai potenziali acquirenti, si vocifera di un fondo cinese, che sarebbe stato anche oggetto di alcune conversazioni del premier Gentiloni nel suo recentissimo viaggio a Pechino. Ma tra le grandi compagnie aeree, in pole position c’è sempre la Lufthansa che poi sarebbe l’unica in grado di inghiottire il boccone Alitalia. In passato il colosso tedesco ha più volte mostrato un certo interesse, ma siccome “gli affari sono affari” adesso avrebbe tutto l’interesse a restarsene alla finestra. Per poi accaparrarsi la nostra ex compagnia di bandiera a prezzo di fallimento, rimpicciolirla e trasformarla in una sua sussidiaria.

 

F.S.