Non è difficile vedere caschetti giallo-arancioni degli operai aggirarsi intorno al Mausoleo di Augusto. La scena si ripete dalla fine dell’ottobre scorso con una certa frequenza ed anche i più scettici hanno dovuto cedere all’evidenza: sono davvero ripresi i lavori di restauro all’imponente monumento e le promesse sono che questa prima tranche di lavori finisca nell’autunno del 2018 quando, sebbene si dovrà attendere ancora due tranche di interventi per vedere completato il programma di ripristino, potranno riprendere le visite.
E qui i sorrisi degli scettici si fanno più numerosi perché la riapertura tanto attesa dell’opera, che non solo è tra le più imponenti, ma anche tra le più importanti dei primi anni dell’impero, tre anni fa si ridusse in una tragicommedia.
La visita del Mausoleo di Augusto era stata inserita nel ricco e sorprendente programma delle manifestazioni per il bimillenario della morte di Augusto. Ma quando i cancelli si aprirono nel giorno esatto del bimillenario, il 19 agosto del 2014, ad entrare furono poche decine di fortunati perché si ruppe quasi subito una tubatura dell’Acea che finì per allagare tutto il monumento. «La maledizione di Augusto», commentarono in molti. Maledizione perché di questa imponente e celebrativa opera del primo imperatore romano non è rimasto molto e nel corso dei secoli i danni e le devastazioni che ha subito sono stati veramente tanti.
Eppure i primi secoli di vita del Mausoleo non furono segnati da danni o censure. Il Mausoleo venne inaugurato nel 28 avanti Cristo ed era destinato ad accogliere Augusto ed i membri della sua famiglia che, una volta morti, avrebbero potuto dialogare e confrontarsi alla pari con gli dei di Roma che dimoravano nel Pantheon, monumento del quale il Mausoleo era dirimpettaio e il cui ingresso era in asse perfetto con l’ingresso di quello ad indicare un legame diretto della famiglia dei Cesari con gli dei dell’Olimpo romano.
Purtroppo per Augusto le porte del Mausoleo si dovettero aprire molto presto: nel 23 avanti Cristo accolsero infatti il giovane Marcello, figlio di Ottavia, sorella di Ottaviano Augusto, e marito di Giulia, l’unica figlia di Augusto. Il giovane, cantato sublimemente anche nell’Eneide di Virgilio, era il designato implicito alla successione, ma fu solo il primo di una lunga serie di eredi morti prematuramente. La porta del Mausoleo si dovette aprire molte altre volte: l’ultimo ad entrarvi fu l’imperatore Nerva nel 98 dC.
L’imponente monumento, il cui restauro ora è realizzato anche grazie ai finanziamenti privati della Tim, è composto da una cella centrale e da altre 13 nel perimetro della sua circonferenza che misura ben 87 metri di diametro. Il tamburo di base era ricoperto di marmo lunense. Nella cella sepolcrale centrale ci sono tre nicchie: quella centrale era destinata ad Augusto, una laterale alla moglie Livia, la terza alla sorella Ottavia con anche una epigrafe (non sappiamo se anche l’urna) di Marcello. Gli altri che furono sepolti qui furono il generale e cognato di Augusto Agrippa con i figli Lucio e Gaio, i due figli di Livia, Druso e Tiberio (l’imperatore). Poi i figli di Druso, Germanico e Claudio (l’imperatore). Caligola depose qui i resti della madre Agrippina oltre a quelli dei fratelli Nerone Cesare e Druso Cesare, prima di finirci lui stesso con Poppea e Britannico.
Il tamburo era sormontato da un tronco di cono in terra piantato a cipressi come si vede ora. In cima una colossale statua in bronzo di Augusto della quale ci è giunta una copia: è l’Augusto loricato cosiddetto di Prima Porta, ora ai Musei Vaticani. È detto di Prima porta perché questa statua marmorea abbelliva il porticato del peristilio principale della villa di Livia a Prima Porta e fu ritrovata nel 1864, dopo che per circa 14 secoli la terra l’aveva preservata dai saccheggi e dai vandali.
Il Mausoleo aveva poi ai lati dell’ingresso due enormi tavole in bronzo sulle quali al momento della morte di Augusto erano state riportate le Res gestae: una sorta di autobiografia che il principe aveva scritto un anno prima della morte. Domiziano poi, verso la fine del primo secolo, aveva aggiunto ai lati dell’ingresso due obelischi, finiti ora uno sul retro di Santa Maria Maggiore sull’Esquilino e l’altro nella piazza del Quirinale ad abbellire la statua con i Dioscuri.
Il monumento visse una vita relativamente tranquilla, riverito per il suo straordinario contenuto, fino al 410 quando fu saccheggiato dai Goti. Fu l’inizio di secoli travagliatissimi e di devastazioni. Per farla breve diremo solo che agli inizi del secondo millennio ospitò sulla cima una mini fortezza – sul modello di quella che fu poi posta in cima alla Mole Adriana – dei Colonna. La fortezza fu completamente devastata a seguito della battaglia dei romani contro le truppe di Federico, nel 1167. I Colonna furono accusati di tradimento e il loro simbolo distrutto.
Nel XIV e XV secolo quello che restava della sommità del Mausoleo divenne una vigna, poi un giardino. Fino ad arrivare alla fine dell’Ottocento quando Rodolfo Lanciano, nel suo «Roma pagana e cristiana», lo descrive così: «La costruzione è oggi usata come un circo. Il suo basamento è nascosto da case ignobili». Quel che lui chiama circo era la cosiddetta Corea; fu utilizzato anche come teatro fino agli inizi del Novecento quando il monumento passò al Comune di Roma che trasformò il “circo” in auditorium. Ma la vita della sala per concerti durò poco perché il Mausoleo entrò al centro degli interventi urbanistici fatti fare da Benito Mussolini per il bimillenario della nascita di Augusto nel 1938. Attorno ad esso fu ricavata l’enorme piazza che ancora vediamo e sul lato verso il Tevere venne posta la teca con all’interno la ricostruzione dell’Ara Pacis, dissotterrata dalle fondamenta del palazzo Ottoboni-Fiano in via di San Lorenzo in Lucina. Furono allora distrutte tutte le sovrapposizioni considerate non pertinenti al Mausoleo e con esse si perse un altro po’ di parti originali lasciando l’opera come la vediamo ora, completamente scoperchiata e con un paio di corridoi circolari concentrici interni perduti.
Speriamo ora che almeno quel che resta possa tornare fruibile, coscienti che con parte delle opere murarie sono andati perduti quasi completamente i rivestimenti marmorei esterni e interni. Una piccola parte del fregio marmoreo che adornava esternamente la cella al cuore del Mausoleo è conservata in una delle sale che circondano l’Ara Pacis.