Cafiero de Raho,
“controllore” “controllato”.
Ma anche Scarpinato…

Il sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha la delega sui servizi di sicurezza dice che troppe informazioni in mano a una o poche persone sono cosa che non può andare.

Guido Crosetto e Sergio Mattarella

Si riferisce all’ “affaire” dossieraggi (presunti) denunciati a suo tempo dal ministro della Difesa Guido Crosetto, e su cui cercano di fare luce la procura della Repubblica di Perugia e la Commissione parlamentare antimafia. Giusto e opportuno rilievo. Vedremo quali i correttivi proposti e adottati. Intanto si può cercare di fare il punto su questa spinosissima vicenda.

I dossier, al momento, sono presunti; sicuri invece gli accessi informatici da parte di un finanziere che lavorava presso la Direzione Nazionale Antimafia. Il finanziere in questione, Pasquale Striano, è indagato per presunta attività illecita di dossieraggio ai danni di politici e personaggi più o meno noti. Il finanziere sostiene di non aver nulla di che rimproverarsi: i suoi metodi magari non erano ortodossi, ma la sua pesca a strascico (si parla di oltre 40mila accessi), era nota ed è proseguita anche quando lui ha lasciato la Direzione Nazionale Antimafia.

Antonio Laudati

In particolare, sembra che uno dei magistrati che vi lavorano, Antonio Laudati, fosse a conoscenza di quanto si faceva; Laudati avrebbe dovuto essere ascoltato dai magistrati di Perugia, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una nota del suo avvocato chiarisce che Laudati, dopo la massiccia e incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio, ritiene che non sussistano, al momento «le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio fissato e, per esercitare concretamente il diritto di difesa e fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti».

Laudati poi sostiene come sia in atto «un ampio dibattito, su tutti i media nazionali, in cui mi vengono attribuiti fatti gravissimi (e sicuramente diffamatori) che risultano completamente differenti dalle contestazioni indicate nell’invito a comparire, notificatomi in data 26 febbraio 2023, soprattutto diversi dalla realtà che conosco». Precisa che non ha mai effettuato accessi a sistemi informatici. Non ha mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati. Non ha mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi.

Cafiero de Raho, Federico Cafiero de Raho

Federico Cafiero de Raho

Nello specifico degli episodi che gli sono contestati, si è limitato, scrive, «a delegare al gruppo Segnalazioni operazioni sospette della Direzione Nazionale Antimafia approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Comunque, accertamenti «determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’Ufficio».

Chi era all’epoca il procuratore nazionale antimafia? L’attuale deputato del Movimento 5 Stelle, Federico Cafiero de Raho, che è vice-presidente della Commissione antimafia. Commissione che si sta occupando della vicenda, e ha già avviato una serie di audizioni. In pratica Cafiero De Raho potrebbe indagare su sé stesso.

Roberto Scarpinato

Si ripete così uno scenario visto mesi fa: quando sempre la Commissione parlamentare antimafia ha audito Lucia Borsellino, figlia del magistrato ucciso a via D’Amelio, e l’avvocato Fabio Trizzino che tutela tutti e tre i figli Borsellino. Si è molto parlato (e si parlerà ancora) di tutto quello che nei giorni precedenti all’attentato è accaduto alla procura di Palermo, «covo di vipere», definito da Borsellino; e uno dei possibili moventi della strage, la questione degli appalti che coinvolgono la Cosa Nostra corleonese, imprenditori del Nord, politici: un tavolino a tre gambe.

Invece della pista relativa agli appalti, per molto tempo si è preferito inseguire quella di presunte trattative “Stato-mafia” e cosiddetti “sistemi criminali”. Sostenitore di questa pista il procuratore di Palermo Roberto Scarpinato, oggi eletto senatore dai Cinque stelle, anche lui in Commissione antimafia. Anche lui si potrebbe trovare nella situazione di dover chiedere conto a se stesso di quello che ha fatto o non ha fatto come magistrato.

Per carità, tutto si può fare, e tutto in effetti si fa. Però una briciola di stile e senso di opportunità non guasterebbe.