L’Iran giustizia
gli oppositori
a pieno ritmo

Cerchiamo di non dimenticarli i loro nomi: Saleh Mirhashemi, Majid Kazemi, Saeed Yaghoubi: iraniani, detenuti nella prigione di Isfahan. Come si dice ipocritamente quando a uccidere è lo Stato, li hanno “giustiziati”.

Ayatollah, Proteste in Iran per la morte di Mahsa Amini

Proteste in Iran per la morte di Mahsa Amini

Arrestati il novembre scorso, l’accusa era di aver ucciso un poliziotto e due “bassiji”, i paramilitari incaricati della repressione di piazza in Iran. Vero, falso? Nessuno lo può sapere: processo sommario, con supplemento di sistematiche torture. Il cugino di uno dei tre rende noto su Internet un audio “rubato”, il condannato dalla sua cella, dice: «Hanno la mia confessione perché ho ceduto dopo, in ordine: una sessione di elettroshock, un’esecuzione simulata e la minaccia di impiccare anche i miei fratelli». 

Il regime degli ayatollah iraniani “giustizia” a pieno ritmo. Gli oppositori al regime fanno sapere che le impiccagioni sono state usate in modo sistematico per reprimere la rivolta “Jin, Jiyan, Azadi” (“Donna, Vita, Libertà”).

Tutto ha inizio, nel settembre scorso, dopo l’uccisione di Mahsa Amini; la ragazza ventiduenne è assassinata mentre è in cosiddetta “custodia” della polizia religiosa. In seguito a quel delitto, sono esplose decine e decine di massicce e spontanee manifestazioni di dissenso e proteste. Col tempo però si sono fatalmente affievolite, stroncate dalle numerose impiccagioni di manifestanti: sempre accusati di aver ucciso dei “bassiji”. 

La protesta ora si è soprattutto trasferita sulla “rete”; sempre più rari e sporadici i gesti individuali e spontanei, comunque difficili da conoscere, registrare, seguire. La sospensione delle marce e delle proteste di massa tuttavia non ha comportato l’interruzione del “lavoro” dei boia di Stato. Il regime ha atteso che l’attenzione internazionale si attenuasse, distratta e presa da altri eventi. A maggio la recrudescenza: in diciotto giorni inflitte una novantina di condanne a morte. In contemporanea, coincidenza beffarda: a metà maggio il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha scelto proprio la Repubblica Islamica d’Iran per presiedere il Social Forum sui diritti umani che ci sarà a novembre: un evento «che mira a esplorare il ruolo della scienza e della tecnologia nel miglioramento dei diritti fondamentali degli individui nel mondo».

Ayatollah, Gli iraniani all'estero manifestano contro la morte di Mahsa Amini

Gli iraniani all’estero manifestano contro la morte di Mahsa Amini

L’Occidente, come le famose stelle del romanzo dello scrittore scozzese Archibald J. Cronin, sta a guardare: inerte, indifferente; complice. Non tutti, per fortuna. In Italia il Partito Radicale continua a organizzare proteste e manifestazioni, raccolta di firme e iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare interventi istituzionali (particolarmente sensibile, al riguardo, la presidente della commissione Esteri del Senato Stefania Craxi).

Il 24 maggio, nella sala Matteotti alla Camera dei Deputati, una delegazione della società civile, ha consegnato a Giulio Tremonti, presidente della commissione Esteri della Camera, e alla vice-presidente Lia Quartapelle, le firme della petizione “Donna, Vita, Libertà” promossa da Marisa Laurito, attrice e direttore artistico del teatro Trianon Viviani di Napoli; all’iniziativa hanno aderito centinaia di artisti, cantanti, produttori, direttori di teatro.

«Sono passati molti mesi da quel 16 settembre 2022, quando la morte di Masha Amini, dopo 40 anni di regime teocratico in Iran, ha segnato un vento di libertà, ha mosso un popolo e ha scosso dalle fondamenta la tirannia», dicono i firmatari del documento. «Una frattura inarrestabile tra i manifestanti, che hanno chiesto a gran voce e a costo della loro vita, la libertà, e il governo iraniano, che usa la pena di morte come repressione politica, compiendo allo stesso tempo, due gravi delitti: uccide i suoi figli e nega un futuro al paese. Donne e uomini arrestati, violentati, torturati e uccisi solo per avere protestato per la richiesta dei propri diritti basilari. Siamo a conoscenza di numerose mutilazioni, violenze sessuali, stupri collettivi, organi asportati, cadaveri non consegnati ai familiari e sepolti in luoghi sconosciuti. Sappiamo di processi iniqui senza appello, senza avvocati, senza testimoni e senza prove. Giovani dichiarati morti per suicidio, ma con evidenti segni di percosse e fratture delle ossa. Abbiamo visto le foto di minorenni uccisi senza pietà. Per tutto questo noi, un gruppo di artisti, intellettuali e volontari della società civile, non siamo riusciti a restare fermi a guardare questo orrore, e abbiamo protestato, per sostenere tutti quelli che combattono per un diritto sacro, dovuto alla nascita di ogni essere umano: la Libertà!».

Giulio Tremonti

Si ricorda che dal 1979 decine di migliaia di persone sono state incarcerate, torturate, uccise. Nel 2022 il governo iraniano ha impiccato 576 persone e dall’inizio del 2023 ce ne sono state altre 260 che continuano a essere messe in atto: nelle prime settimane del mese di maggio in 18 giorni ci sono state 90 impiccagioni. In Iran la violazione dei diritti umani è pratica abituale e quotidiana, al punto che in centinaia di scuole femminili hanno tentato di avvelenare le bambine con attacchi di gas chimico, organizzati da gruppi legati all’autorità iraniana, con lo scopo di intimidire e ostacolare la frequenza femminile nella scuola.

E ancora: «Lo scorso febbraio, in occasione dell’anniversario della rivoluzione islamica, il regime ha annunciato una “amnistia”, ma sono stati rilasciati ladri e delinquenti e solo pochissimi manifestanti. Centinaia di persone sono ancora in carcere e tra questi insegnanti, giornalisti, attivisti sindacali, intellettuali. La repressione continua, le vittime aumentano di giorno in giorno e per questo motivo è necessario dare un segnale di solidarietà concreta nei confronti di tutte/i coloro che subiscono queste violenze contro i diritti umani».

Lia Quartapelle

I firmatari chiedono: a) la fine delle esecuzioni capitali e il rilascio dei manifestanti arrestati; b) al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro degli Esteri Antonio Tajani di prendere una posizione decisa nei confronti del regime iraniano; c) al presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella di dichiarare l’ambasciatore iraniano, “persona non grata” e richiamare il nostro ambasciatore in Iran per consultazioni; d) al presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen di mettere in campo tutte le iniziative di competenza dell’Unione per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali in Iran.