Quelle urla pro boss
nel film su Gotti

Nella prima scena compare immediatamente John Travolta nei panni di John Gotti davanti al ponte di Brooklyn. Il boss mafioso di New York dà l’indicazione della sua triste parabola: la vita di un criminale finisce in due modi: «Con la morte o in galera, a me sono successe entrambe le cose». Il titolo del film è Gotti – Il primo padrino. È uscito negli Stati Uniti a giugno, dal 13 settembre è proiettato nei cinema italiani. Il protagonista è Travolta, il regista è Kevin Connolly, la pellicola è distribuita da Eagle Pictures, è una produzione Fiore Films e Radar Pictures.

Gotti, John Gotti foto segnaletica

John Gotti, una foto segnaletica

È un film drammatico. È un film confuso, Travolta è bravo. Travolta-Gotti compare continuamente, e alternativamente, giovane e vecchio per raccontare il suo esordio criminale negli anni Settanta, la sua affermazione come capo negli anni Ottanta, le sue imprese criminali costellate di assassinii tese a realizzare soldi e potere, fino alla morte da detenuto nel 2002 con un tumore alla gola.

Risse, sparatorie, bombe, omicidi. Imprese delittuose decise e pianificate da Travolta-Gotti. La macchina da presa indugia sui colpi di pistola sparati a sangue freddo, sulle riunioni del vertice di Cosa Nostra statunitense. Castellano, Gambino, Colombo, Genovese, Bonanno sono i famigerati nomi della mafia italo-americana di New York ricorrenti nel film.

John Travolta

Travolta-Gotti è un boss elegante, feroce, astuto. È accusato di molteplici omicidi, corrompe, realizza grandi guadagni dalle attività criminali. Diventa il capo dei capi della mafia della Grande mela. Riesce a farla franca in tre processi. Aiuta le persone in difficoltà del quartiere, fa riaprire palestre fallite. È un duro: un figlio non ancora adolescente muore in un incidente stradale, lui soffre ma continua nelle sue attività criminali. Alla fine accetta anche l’ingresso in Cosa Nostra del figlio più grande: John Gotti junior (interpretato da Spencer Lanfranco).

È l’apoteosi: è potente, ricco, temuto. Annuncia: «Costruirò qualcosa che nessuno potrà distruggere». Non andrà così. Travolta cerca di immergersi nella parte. Il Giornale riporta la sua fatica di attore: «Il cappotto che indosso all’inizio e alla fine è quello originale del boss di Cosa Nostra. È stata un’esperienza particolare perché era ancora intriso della colonia che John Gotti usava». Aggiunge: «Senz’altro mi ha aiutato ad entrare nel ruolo, così come mi hanno aiutato i tanti filmati che la famiglia ci ha messo a disposizione. Visionare quel materiale mi ha permesso di sparire e di diventare lui».

Kevin Connolly

Tutto crolla all’improvviso alla fine degli anni Novanta: John Gotti è condannato all’ergastolo per i tanti delitti. Ma quando lo arrestano il quartiere insorge contro la polizia urlando per strada i tanti perché: è bravo, garantisce la sicurezza del quartiere, aiuta le persone povere e disoccupate, gli assassinii avvengono solo tra i delinquenti. Emerge ed è sottolineata nel film una singolare e incredibile difesa popolare del potere mafioso.

Per Gotti, però, va sempre peggio, accumula altre sconfitte. Anche il figlio John Gotti junior è arrestato. Ha paura per la sua famiglia, per i figli. Contro il parere del padre patteggia con i magistrati una pena di pochi anni di carcere per evitare lunghi anni di detenzione. Tronca ogni legame con la criminalità e cambia vita. La mafia si trasforma. Scoppia una guerra di successione tra le famiglie mafiose nella capitale della finanza americana: morti e feriti per stabilire i nuovi vertici e i nuovi equilibri criminali.