Bella, combattiva e dimenticata. Clelia Farnese torna a rivivere con gli appuntamenti culturali organizzati a Palazzo Doria Pamphilj di San Martino al Cimino dalla Regione Lazio, LAZIOCrea, Associazioni Sanmartinesi. La storica Patrizia Rosini parlerà domenica 4 marzo della nobildonna tanto avvenente quanto ribelle, vissuta tra il tardo Rinascimento e gli anni della Controriforma. La conversazione dal titolo “Il potere prima dei Pamphilj” (ore 17 nella Sala Aldobrandini) sonderà la vita della celebre Clelia Farnese (1556-1613) molto nota e ammirata, ma con una vita avvolta tra tante violenze e molti misteri. Oggi 3 marzo, invece, c’è l’apertura straordinaria con visita guidata del Palazzo Doria Pamphilj, con ingressi alle ore 16.00 e 17.30.
Clelia Farnese rifiutò l’educazione dell’epoca che imponeva la soggezione della donna alla potestà dell’uomo. Clelia fu figlia naturale del potente cardinale Alessandro Farnese juniore (1520-1589), il nipote di Paolo III passato alla storia come il Gran Cardinale. I libri che hanno scandagliato i mille aspetti dei travagliati anni del Rinascimento, precisa un comunicato stampa, hanno sempre lasciato nell’oblio una figura all’epoca molto nota nelle corti italiane: la «leggiadra» Clelia, tanto amata dalla zia Vittoria Farnese duchessa d’Urbino per la sua «gentil natura», ammirata per la sua bellezza e fortezza d’animo.
Nel 1571, ad appena 15 anni, andò in sposa al marchese Giovan Giorgio Cesarini. Fu un matrimonio politico per consolidare l’alleanza tra i Farnese in ascesa e la potente famiglia romana dei Cesarini. Clelia portò in dote trentamila scudi d’oro, parte in contanti e parte in gioielli. Ma il matrimonio non fu felice. Giovan Giorgio era molto attratto dall’avvenenza femminile e dal gioco d’azzardo. Clelia si ribellava ai tradimenti del marito. Si disse addirittura che avesse ucciso a bastonate “la Bella Barbara”, una delle amanti del marito.
È un mistero se, effettivamente, abbia commesso l’omicidio ma lei si è sempre protestata innocente. È anche un mistero il nome della madre di Clelia. La bellissima figlia del cardinale Farnese dominava le serate mondane di Roma. Torquato Tasso le dedicò questi versi immortali: «Con voi, Clelia, mi scuso, se Clara vi chiamai: Cagion ne fur questi sospiri, ond’hai! fu questa lingua, e questo cor confuso; ma se la lingua errò nel dirvi Clara, non errò il cor, che’ lo cor volle dir cara». La stupefacente bellezza di Clelia incantò il filosofo Michel de Montaigne e venne immortalata dai pittori Jacopo Zucchi e Scipione Pulzone in due ritratti.
Il padre riuscì a sbarazzarsi della presenza ingombrante della figlia quando, a ventotto anni, divenne vedova. Clelia, madre di un figlio che adorava, si rifiutò di risposarsi e Alessandro non si fece scrupolo di ricorrere alle maniere forti. Clelia venne rinchiusa nella Rocca di Ronciglione e poi costretta a passare a seconde nozze con Marco Pio di Savoia, marchese di Sassuolo. Il secondo marito di Clelia non fu meno infedele e brutale del primo. Separata dal figlio, relegata nella provincia emiliana, tornò libera quando Marco Pio fu ucciso in un agguato.
Clelia rimase schiacciata nella lotta per divenire papa tra il padre e il cardinale Ferdinando de’ Medici. La morte del papa Pio V, l’austero domenicano fautore di rigorosi costumi religiosi e morali (sosteneva l’uso del cilicio), ridiede spazio a Roma a comportamenti più liberi e libertini al di fuori dell’ufficialità. Trionfava tra la nobiltà romana e le alte gerarchie ecclesiastiche l’ipocrisia della doppia morale: tra l’austerità della morale formale e la dissolutezza di quella reale.
La rivalità tra Alessandro Farnese e Ferdinando de’ Medici fu permanente e dispendiosa, realizzata anche a colpi di fastosi ricevimenti nei rispettivi palazzi patrizi. Zone d’ombra aleggiano su come Clelia venne coinvolta in questa sfida. Alcune voci parlano di una relazione tra Ferdinando e Clelia. Girava l’insinuante domanda: «Il Medico cavalca la Mula Farnese»? Comunque nessuno dei due cardinali fu eletto papa, ma Ferdinando riuscì a succedere al fratello nella signoria sulla Toscana. La vicenda di Clelia Farnese ricorda un po’ quella di Beatrice Cenci, un’altra bellissima ragazza della nobiltà romana, ma quest’ultima patì una fine tragica: fu processata, condannata a morte e finì con la testa decapitata.