Il mosaico delle navi
di Caligola torna
a Nemi da New York

Dovrà fare 6.900 chilometri per tornare a casa. Ma il biglietto per il volo da New York a Roma l’ha già ricevuto dai carabinieri per la tutela dei nostri tesori d’arte. Un grande (un quadrato di un metro e mezzo di lato) frammento di un magnifico mosaico che faceva parte di una delle due navi fatte allestire dall’imperatore romano Caligola sul lago di Nemi sta per tornare sulle rive del lago per il quale venne costruito. Una buona notizia per una straordinaria opera d’arte che nei suoi duemila anni di storia ha avuto una esistenza più che avventurosa ed ha passato a far bella mostra di sé, lo scopo per il quale era stato fatto, solo una manciata di anni.

Il mosaico recuperato

Il mosaico recuperato

Si tratta di un mosaico unico nel suo genere e nel suo stile: un disegno geometrico che va a formare un fiore contornato da altre corolle in serpentino e porfido, dai colori straordinariamente belli, che vanno dall’amaranto al rosso, dal bianco al verde. Una esaltazione di quei colori che formano oggi la nostra bandiera nazionale. Già il disegno testimonia la maturità raggiunta in quei primi decenni del nuovo millennio da un’arte romana autonoma e indipendente dai suoi modelli orientalizzanti. Un’arte romana che non teme di fare un percorso a ritroso verso stilemi orientali senza perdere la maturità raggiunta.

La storia di queste due navi è straordinaria: vennero fatte costruire ed allestire dall’imperatore Caligola, famoso più per le sue stravaganze che per le sue azioni di governo, nei pochi mesi del suo principato (3 anni, 10 mesi e 8 giorni si premura di farci sapere con pignoleria storiografica Svetonio) a cavallo dell’anno 40 della nuova era. Eppure è proprio Svetonio ad anticipare uno dei misteri di queste navi. Lo storico, pur raccontandoci come l’imperatore amasse soggiornare e dar feste in mare tanto da costellare la costa campana di splendide navi appositamente allestite (e a leggere le descrizioni molto simili a quelle di Nemi), non spende una parola per queste due meraviglie di notevoli dimensioni (entrambe lunghe più di 70 metri ciascuna e larghe più di 20) che avevano la straordinaria particolarità di essere alla fonda in un lago vulcanico di modeste dimensioni e quindi senza alcuna possibilità di lunghe o anche minime crociere.

Frammento di mosaico esposto al Museo di Nemi

La mancata citazione è probabilmente dovuta al fatto che questi due gioielli di architettura e ricchezza subirono gli effetti della damnatio memoriae che colpì Caligola alla sua morte, causa tutte le stravaganze delle quali fu protagonista nel suo breve regno, tanto da essere affondate per far dimenticare il suo committente. Eppure le navi costituivano un unicum tanto stravagante quanto magnifico. Una era dedicata agli aspetti religiosi, ospitando templi e luoghi di sacrifici; l’altra ospitava banchetti e momenti di svago di Caligola e dei suoi augusti ospiti. Già nella costruzione riservano incredibili sorprese: gli scafi in legno sono protetti da un tessuto di lana imbevuto di sostanze chimiche per garantirne l’impermeabilità e una durata millenaria. Gli scafi sostenevano una piazza di templi il primo ed una reggia in muratura con tanto di colonne, capitelli, pavimenti in mosaici marmorei il secondo. Il tutto arricchito da finimenti in bronzo come balaustre delicatissime i cui pomi sono costituiti da splendide erme bifronti e che è ancora possibile in parte ammirare nel Museo Romano di Palazzo Massimo a Roma.

I tentativi di recupero delle due navi iniziarono nell’Ottocento, ma vennero concretizzati solo nel secolo scorso fra il 1928 e il 1936, grazie a un’opera di straordinaria ingegneria per ottenere il prosciugamento del lago, opera che fu possibile realizzare grazie all’efficienza di un canale di scolo di epoca romana. Le navi così recuperate dal fondo lacustre sul quale erano adagiate da due millenni poterono trovare riparo in un museo allestito sulle rive del lago, ma la loro nuova vita fu ancora una volta brevissima: nel 1944 un incendio doloso, che una successiva commissione d’inchiesta addebitò alle truppe germaniche in ritirata, le distrusse quasi completamente soprattutto nelle parti lignee, a iniziare dagli scafi. Fu in questa occasione che una serie di reperti superstiti, in pietra e bronzo, furono trafugati prendendo la strada dei mercati clandestini.

Il nostro pavimento finì nell’abitazione di una collezionista privata di origini italiane a New York e lì i carabinieri l’hanno ora ritrovato e requisito.

Frammento di mosaico esposto al Museo di Nemi

Frammento di mosaico esposto al Museo di Nemi

Resta da dire perché Caligola avesse eletto il lago di Nemi come luogo di ritiro. Il luogo era sacro e venerato fin dai tempi dei latini che vi avevano fondato il culto di Diana Nemorense (da qui il nome del lago vulcanico), area sacra ereditata dai romani. Con l’avvento della dinastia dei Cesari il culto di Diana (sorella di Apollo, dio di riferimento di Augusto) trovò nuovo impulso e con esso l’area sacra nei boschi sulle pendici del lago. Sulla sponda opposta a quella del tempio di Diana sorse un palazzo imperiale dei Cesari. Da qui spiegato anche il perché della doppia imbarcazione, con una riservata a scopi religiosi.

Con il ritorno del pavimento musivo, che si va ad unire ad altri due frammenti che si integrano perfettamente con quello ora ritrovato con simmetriche alternanze dei medesimi marmi e colori, il museo delle navi di Nemi riacquisterà maggior lustro e almeno un po’ di quella attenzione che merita e che finora non sempre ha avuto.