La vicenda Bankitalia è l’ultimo esempio di come un sistema di potere che non si riesce mai a sradicare possa continuare ad invocare il sacro rispetto della democrazia, quando in realtà persegue solo i propri interessi, che poi sono quelli di esercitare un condizionamento dall’esterno di quelli che sono gli strumenti della democrazia stessa.
Ma andiamo per ordine, partendo dalla farsa per eccellenza: il ruolo di Bankitalia quale istituzione di garanzia contro ogni forma di ingerenza. Garanzia di cosa? Della tutela del risparmio? Non sembra che sia stata in grado di farlo. Ma al di là di questo,vogliamo dire invece come stanno le cose? Bene, Bankitalia sino a qualche anno fa era effettivamente un’istituzione che contava, in quanto decideva il costo del denaro ed esercitava un controllo sull’operato delle banche, grandi o piccole che fossero.
Con la moneta unica e la Bce non ha più alcun potere sul primo aspetto, ma anche sul secondo – con il passaggio a Francoforte della vigilanza sui grandi istituti di credito – esercita ormai un ruolo marginale. E allora quale istituzione di garanzia! Ormai è poco più di un centro studi – peraltro ben pagato e con regole pensionistiche ancora generose rispetto al resto dei lavoratori – che si potrebbe tranquillamente abolire o ricondurlo a quelle che sono oggi le sue funzioni.
Dunque si sta facendo un gran baccano, su che cosa? Su un’istituzione che ogni tanto sforna qualche stima? Siamo seri. Ma al di là di questo che potrebbe essere oggetto delle più facili obiezioni – perché non si può tenere come centro studi? – andiamo al nocciolo. Bankitalia ha svolto funzione di tutela del risparmio attraverso la vigilanza sulle banche? No. Mps sappiamo come è andata – non stiamo a rifare da capo la storia o a sfornare veline, come sta facendo qualche giornale da qualche giorno a proposito anche delle banche venete, su cui torneremo tra poco – diciamo solo che nel 2013 il governatore Visco affermava ancora che l’acquisizione di Antonveneta si era rivelata ambiziosa – sì certo Banco Santander l’aveva acquistata a 6 miliardi per rivenderla a 9 solo pochi mesi dopo appunto a Mps!- aggiungeva che erano state fatte delle ispezioni, ma che la banca era solida ….sappiamo come è andata!
Per quanto riguarda le Banche Venete è vero che Bankitalia ha alzato il velo, ma solo nel 2013 nonostante Vincenzo Consoli, numero uno di Veneto Banca, fosse lì da 18 anni ed è stato poi arrestato. Per non parlare di Luigi Zonin, a capo di Popolare di Vicenza da 19 anni e che nel corso degli anni – solo per dirne una – ha svuotato la banca per 181 milioni di euro, destinati ad aziende che facevano riferimento a lui o a familiari. Aggiungiamo un altro particolare: quelli che oggi criticano Matteo Renzi per ingerenza su Bankitalia, perché non lo hanno fatto ai tempi della riforma delle Popolari, quando invece ci fu un coro unanime ed acritico di applausi? No, allora il “rottamatore” aveva il vento in poppa e come ben si sa quando si è potenti in Italia si fa a gara a chi è più cortigiano.
Se si fosse, per una volta, esercitato il ruolo dei cani da guardia come i giornalisti dovrebbero fare, ci si sarebbe dovuti accorgere che in virtù della riforma quelle che erano le classiche quote delle Popolari, in mano ai soci, vennero trasformate in azioni e quindi in capitali di rischio che prima non erano. Il risultato è stato quello per cui tutti i proprietari di quote delle due banche popolari si sono ritrovati in mano azioni che valevano – indovinate un po’ – 10 centesimi, quando fino a due anni prima le quote valevano 62,5 euro per Popolare di Vicenza e 39,5 per Veneto Banca: praticamente carta straccia.
Perché è stato permesso che Renzi facesse una riforma del genere? Dov’era Bankitalia che con la vigilanza dovrebbe difendere il risparmio? No, si preferiscono i bizantinismi di oggi su quelle che sarebbero le procedure di nomina del governatore! E quando i piccoli risparmiatori delle due Venete hanno denunciato questo scandalo ed hanno chiesto i rimborsi è stato detto loro che avevano sottoscritto capitale di rischio e quindi sapevano a cosa andavano incontro. Era così ? No, ma qualcuno ha detto qualcosa – i grandi giornali che ora stanno lì a discettare sull’autonomia della Banca centrale lo hanno fatto? – e la stessa Bankitalia si è forse ribellata?
Arriviamo alla fine, tralasciando volutamente quello che è il ruolo centrale del Parlamento. La sensazione, il sospetto, mettiamola così, è che da quando c’è stata l’accelerazione del Rosatellum, che molto probabilmente porterà però ad un sostanziale nulla di fatto un minuto dopo le elezioni e quindi si andrà ad un probabile abbraccio mortale tra Renzi e Berlusconi, tutti i salotti del buonismo democratico si siano sollevati contro quelli che a loro avviso sono ormai i due “corsari” della politica italiana.
Se si alleano – questo è il ragionamento – non ce ne sarà per nessuno. Da qui il panico. Per questo la speronata di Renzi su Bankitalia ha avuto questo effetto: bisogna fermarlo e fermarli. Sarà anche così e sarà anche che sono due corsari, ma è anche vero che la democrazia è molto semplice: una testa, un voto e non si può pensare all’infinito, come fanno da sempre i guru del politicamente corretto come Scalfari, che i politici siano solo una banda di incapaci che debbono essere guidati ed illuminati da una schiera di iniziati. E se si azzardano ad essere autonomi – come lo fu ai suoi tempi Craxi – debbono essere fermati.
Questo per dire che Bankitalia non c’entra nulla come non interessa per nulla quello che invece dovrebbe essere il vero obiettivo: la tutela del risparmio. Anche perché questi maestri del pensiero dovrebbero farsi una domanda: ma non sarà anche per questo loro storico comportamento che si è arrivati al punto che il “populista” Grillo ha il 30 per cento dei voti ed è il primo partito e rischia di vincere le elezioni politiche, grazie anche all’ennesima crociata degli intellettuali in difesa dei Mammasantissima – in questo ultimo caso Bankitalia – quando invece l’uomo della strada fa fatica a credere nella ripresa e si sente – ma solo un po’ – risparmiatore tradito?