Migliaia e migliaia di visitatori nel primo fine settimana di apertura. Buon restauro con illuminazione dinamica che ne mette in risalto le varie parti e fasi. La zona archeologica dell’Aqua Virgo nella nuova Rinascente di via del Tritone è già di fatto fra i siti archeologici più visitati di Roma e c’è da scommettere che continuerà a scalare la graduatoria.
Con le buone, anzi ottime notizie purtroppo ci fermiamo qui. Qualcuno dirà: cosa volete di più? Le lacune del sito sono, per il momento, numerose e diverse. Per fortuna in gran parte superabili e c’è da augurarsi che siano dovute solo alla necessità di inaugurare in fretta la sede dei grandi magazzini.
La prima lacuna, la più evidente, è che non c’è alcuna informazione sulla storia e l’uso del manufatto al quale quelle pietre appartengono. Dell’acquedotto fatto costruire da Vipsanio Agrippa sono dette a malapena nome, anno e costruttore. Ma nulla sulla sua estensione e necessità, tanto meno informazioni sulla sua trasformazione nei secoli. Non staremo qui a ripetere le informazioni che abbiamo già, seppure succintamente come si conviene ad un articoletto su questo giornale ospitante, dato alcuni giorni or sono. Ma ai poveri, per quanto numerosissimi, visitatori del giornale non rimane per ora che rileggersi quel nostro articoletto per saperne non diremo qualcosa di più, ma qualcosa tout-court. Eppure basterebbe aggiungere qualche tavola esplicativa, meglio se accompagnata da un filmato, ma sul tema filmati torneremo in seguito. In secondo luogo era stato annunciato che dell’acquedotto romano erano state ritrovate 15 arcate. Nel sito ne sono visibili, almeno per ora, otto e mezzo (e Fellini potrebbe a questo punto sentirsi citato). Che fine hanno fatto le altre cinque e mezzo? Saranno visitabili in futuro?
Terza osservazione: nelle brevi note esplicative proiettate sulle arcate si fa riferimento a ricchi capitelli e trabeazioni romani ritrovati negli scavi. Che fine hanno fatto? Dove sono finiti?
Quarto: nelle stesse note si fa riferimento a una domus romana, a insule e a un tepidarium. Dove sono? Che fine hanno fatto? Sono visitabili e sono state preservate? Dove vederne storia e immagini? Probabilmente dunque c’è un’altra parte del sito non ancora visitabile. Perché allora non dare da subito alcuna informazione aggiuntiva ai visitatori? Anche su questo tema torneremo nella parte dedicata ai filmati.
Quinto rilievo: l’illuminazione mette in luce parti del muro medievali o di epoche successive. A che cosa sono riferibili? Qual è la storia nei secoli di quelle pietre? Come è evoluta la topografia della zona? Sono tutte domande che la vista dell’acquedotto e la sua illuminazione suscitano nel visitatore. Il passante ignaro è quindi invogliato a fermarsi a guardare i filmati che vengono proiettati nello spazio attiguo al sito, spazio splendidamente allestito, come del resto tutto il palazzo.
I filmati sono due: il primo illustra i lavori di ristrutturazione del palazzo. In esso solo di sfuggita si intuiscono degli scavi archeologici nella zona antistante l’acquedotto dove per un attimo appaiono tracce di muri antichi e pavimenti forse mosaicati. Che siano questi i resti della domus e del resto? Forse sì, ma la zona ora parrebbe essere quella ricoperta da aree commerciali, né il filmato dice nulla di più. Per fortuna c’è anche un secondo filmato che promette di mostrare l’evoluzione storica del sito: purtroppo però è solo un elegante e originale spot della Rinascente. Allo spettatore non resta che andarsene deluso.
Ma resta una speranza: lo sponsor privato del sito, che è il famoso marchio di grandi magazzini, stante così le cose rischia di ricavarne una pubblicità negativa dal sito anziché ricavarne un plus pubblicitario e di immagine. Dovrebbe essere spronato perciò a completare l’opera. O a fornire informazioni sulle parti non ancora visitabili, magari informando sui tempi di apertura. In questo caso le osservazioni sarebbero solo figlie della fretta e ansia di conoscere e vedere, nostre. Non resta che attendere.
Nell’attesa, già che ci siamo, aggiungiamo un’altra nota. Non si può mancare di andare a dare un’occhiata a Roma dal roof garden del palazzo. Una vista mozzafiato. Roma, le sue cupole, i suoi campanili, i suoi tetti si svelano a 360 gradi. A pochi metri da questa terrazza, a parte violare la riservatezza della terrazza altrettanto magnifica della sede del Pd (non a caso, battendo la concorrenza, Sky ha già chiesto di poter avere qui una postazione tv dalla quale fare collegamenti in diretta durante le direzioni del Pd), si fa un inatteso incontro ravvicinato (non sappiamo di che tipo, fate voi) con la cupola e il campanile borrominiani di Sant’Andrea delle Fratte. La visita in terrazza potrebbe dunque presto rientrare come un must nei percorsi barocchi romani. Anche qui un piccolo cartello esplicativo ben fatto non ci starebbe male. Rinascente, se ci sei, batti un colpo, anzi due. E avrai così tutto il nostro apprezzamento.